Andreco

Le montagne di Andreco, le sue nere rocce stilizzate e nitide, formalmente separate da contorni netti ma concettualmente labili, abitano le bandiere di Between Nation, opera incoronata come premio speciale del Talent Prize dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo. Come in altre opere di Andreco, anche in questo caso la land art incontra l’atto performativo. Quelle rocce sono indivisibili, inscindibili, uniche, prova che quando uomini e montagne s’incontrano, accadono grandi cose.

In Between Nations un elemento del paesaggio, la montagna, acquisisce un nuovo significato. Come è stato possibile creare un collegamento così limpido tra la rappresentazione formale del soggetto e l’implicazione socio-antropologica dell’intero progetto?
«Between Nations è un’istallazione composta dal video One and Only, che documenta un lavoro performativo e installativo realizzato al confine tra Italia e Austria, e dalle bandiere che ho utilizzato in questo contesto. Il lavoro, realizzato per il progetto Walking, arte in cammino, curato da Michela Lupieri e Giuseppe Favi, è partito come una ricerca sul territorio, affiancata da studi antropologici, ambientali, paesaggistici e storici: la montagna del Pal Piccolo è stata scenario della guerra di trincea. Gli storici raccontano che all’inizio della Grande Guerra dai due fronti si sparava poco, le persone che si sono trovate contrapposte dalle reciproche nazioni facevano parte di una stessa comunità di montagna, in alcuni casi erano colleghi di lavoro o conoscenti. Lo stato di guerra tra i due popoli però non corrispondeva ai loro reali rapporti di reciproca amicizia e alimentati da scambi lavorativi e di carattere personale. Durante la prima guerra mondiale una delle strategie militari era conquistare le vette per controllare il territorio, al termine del conflitto morirono in migliaia sul Pal Piccolo, per issare la bandiera della reciproca nazione. Questo progetto si sviluppa sul significato di confine, come limite geografico e politico, sulla montagna come elemento del paesaggio che separa e unisce al tempo stesso. L’amore degli appassionati dei luoghi di montagna supera il sentimento nazionale, la montagna è unica e indivisibile e il confine passa in secondo piano. I confini, ieri come oggi, oltre a delimitare un territorio nazionale, per molti rappresentano la privazione della libertà, del movimento. Ho installato una bandiera sulla vetta, in una lingua di terra di nessuno, tra le due trincee; l’altra al passo di frontiera, e sono rimaste lì per tre mesi. Le bandiere rappresentano una montagna unica e indivisibile, che simbolicamente annulla le frontiere».

I tuoi progetti spaziano tra land art, street art, performance e scultura con attitudine installativa. Perché? come riesci a conciliare aspetti formali differenti?
«Non sono mai stato affezionato a una tecnica, per ogni lavoro scelgo la più appropriata in base al luogo e all’idea che devo sviluppare. Sono molto curioso e mi piace sperimentare tecniche differenti, ritengo che riuscire a declinare un’idea con differenti linguaggi conferisca al concetto che sta alla base dell’opera maggiore forza e consistenza, inoltre la possibilità di affrontare nuove tecniche mi mette alla prova e mi permette di provare l’ebbrezza del rischio. In The Rockslide and the Woods, realizzata a Centrale Fies nel 2016, ho inserito coreografie di danza e la scalata libera. Per Arvores, una parata dedicata agli alberi bruciati dagli incendi, realizzata questa estate in Portogallo, ho inserito anche dei cori. Ripercorrere strade sicure mi annoia, preferisco intraprenderne di nuove, sono un ricercatore instancabile. Come sosteneva Albert Einstein, se sapessimo esattamente quel che stiamo facendo, non potremmo chiamare ciò che sta alla base del nostro lavoro “ricerca”».

La tua ricerca artistica ha forti connotati socio-antropologici e ambientali. Credi che l’arte, come l’uomo, si possa raccontare soltanto in funzione di ciò che lo circonda, di una causa sociale?
«Credo che l’arte si possa fare in infiniti modi, quello che caratterizza le mie opere è frutto di un vissuto personale. Certamente le mie ricerche scientifiche, l’impegno sociale e per l’ambiente, oltre ai numerosi viaggi e trasferimenti in posti a contatto con culture differenti tra loro, sono stati fondamentali per la creazione dei miei lavori. Il presente influenza le mie opere, o meglio, ciò che le influenza è quello che percepisco come un’urgenza nel mondo contemporaneo. Questo appare chiaro nella mia ricerca: parto da una serie di azioni spontanee e mi muovo per associazioni visive, arrivando solo in un secondo momento a un costrutto teorico, si passa quindi “dalla pratica alla teoria”, per citare un concetto caro all’intellettuale organico di Gramsci. Nelle opere, a posteriori, noto sempre le influenze di quello che sono in quel momento, di quello che sono stato, di ciò che ho percepito con maggiore intensità».

Oltre ad essere artista sei anche ingegnere ambientale. Come riesci a conciliare due professioni? Quale sono le ragioni che ti hanno spinto verso un sentire artistico?
«I due lavori hanno viaggiato parallelamente per molti anni, anche per questo motivo ho un nome d’arte: la mia identità artistica era celata nel contesto scientifico e viceversa. A un certo punto questi due insiemi sono implosi in un unico elemento. È successo a New York, è stata la mia referente per la ricerca alla Columbia University a suggerirmi di convogliare il mio lavoro di scienziato e artista in un unico portfolio, quando scoprì che avevo una personale a Manhattan. Con il tempo, ho notato un forte potenziale nel concepire sin dal principio progetti dal risvolto sia artistico che scientifico. Mi interessa raffigurare con un linguaggio simbolico e essenziale una visione che prende spunto dalle più recenti ricerche scientifiche, in ambito ambientale e sui cambiamenti climatici».

BIO
1978
Nasce il 1 dicembre a Roma
2008
Espone l’opera Escape from the Gallery al Grassi Museum di Lipsia
2014
Presenta la performance collettiva Parata per il Paesaggio nell’ambito del Progetto GAP a Leuca
2015
Presenta il progetto CLIMATE 01 – The Climate Change Consequences a Parigi
2017
Presenta La Parata della fine al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato 

BETWEEN NATIONS
Con Between Nations, Andreco si è aggiudicato il premio speciale del Talent Prize dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo. Un’istallazione creata per il Macro, composta dal video One and Only, documenta un lavoro performativo ed installativo realizzato al confine tra Italia e Austria. L’artista ha installato per tre mesi una bandiera sulla vetta, tra le due trincee del Pal Piccolo, un’altra ancora al passo di frontiera: simbolicamente le bandiere rappresentano una montagna unica e indivisibile, che annulla le frontiere. Andreco sta anche sviluppando il progetto Climate 04 – Sea Level Rise, la quarta tappa di un itinerario sulle cause e le conseguenze dei cambiamenti climatici. Iniziato a Parigi nel 2015, in concomitanza con la conferenza delle Nazioni Unite COP21, Climate è poi stato presentato a Bologna e successivamente a Bari. A Venezia l’artista ha appena realizzato il primo wall-painting sul Canal Grande dove, per un’estensione di sei metri per cento di lunghezza, ha raffigurato l’innalzamento del livello medio del mare e delle onde estreme.

Info: www.andreco.org