A pochi giorni prima dalla chiusura della mostra di Raimund Kummer, le sale dell’Hamburger rimangono gremite. Sublunare Einmischung, prima personale dell’artista nel museo, ha aperto i battenti il 27 aprile 2017 e, visto l’interesse suscitato, anziché chiuderli il 6 di agosto, è stata prolungata fino al 29 ottobre di quest’anno. Prevalentemente scultore, Kummerha utilizza la pittura come mezzo per stravolgere la realtà quotidiana, facendola divenire spazio dell’arte. Nato nei pressi di Kassel, si trasferisce a Berlino Ovest a diciott’anni per studiare pittura, filosofia e scienze delle religioni. Era il 1972 e Berlino era una città che offriva una moltitudine di spazi vuoti, aperti quindi alla sperimentazione artistica. Una volta laureato, visita l’Afghanistan e quando torna a Berlino, decide di abbandonare il concetto di pittura tradizionale, troppo accademica per i suoi gusti.
Prende in mano la macchina fotografica e fotografa gli oggetti che lo circondano, trasformandoli in opere d’arte. La mostra si apre con la serie del 1979 Skulpturen aus der Straße, proveniente dalla National Galerie di Berlino, una serie di diapositive di calcinacci, sampietrini, paletti e segnali stradali. Per far si che lo sguardo sul mondo circostante si trasformi, dipinge gli oggetti che incontra con colori sgargianti, facendo in modo che il gesto artistico prenda il sopravvento, che l’arte impatti con la realtà. Avendo come obiettivo quello di stimolare una personale percezione dello spazio, preferisce che questo gesto rimanga anonimo. Si trattava di una percezione dell’arte e del suo rapporto con la realtà del tutto nuova nella Germania di quegli anni. Mosso dall’idea che ogni spazio è potenzialmente spazio dell’arte e per l’arte, fonda nel 1980 Büro Berlin, dimostrando di non aver bisogno di musei e gallerie per fare arte. Seguiranno quasi dieci anni di mostre ed eventi in appartamenti, cantine e cucine fino allo scioglimento del gruppo. È allora che Kummer si ritira nel suo atelier e pensa a progetti più grandi. Installazioni che esplorano i campi di vista e luce.
Mehr Licht, del 1991, occupa la seconda sala dell’Hamburger Bahnhof ed è il portavoce di queste nuove sperimentazioni. 101 protesi di occhi in vetro affollano il pavimento. Al centro, smontato in più lastre, c’è un diagramma che illustra una rara malattia della vista. Tema centrale è la fragilità e a volte l’assenza della vista. Il non poter vedere oltre. Le protesi in vetro sembrano risucchiare la stanza, è come se vi fossero 101 stanze all’interno di una stanza. Ogni occhio produce infatti immagini proprie tramite il riflesso. Ogni occhio ci proietta in una realtà diversa. Sebbene On sculpure abbia le sembianze di un progetto fotografico, Kummer lo considera un vero e proprio esperimento scultoreo, per riflettere sul significato della scultura e su ciò che questa potrebbe essere. Opera composta di più di 400 fotografie, impedisce allo sguardo di focalizzarsi su una sola immagine, di separarla dall’insieme. Le sperimentazioni con la luce le ritroviamo nella sala che ospita Nostos algos, installazione del 2012 dove sul muro sono proiettate 80 diapositive nere, alle quali se ne alterna qualcuna attraverso cui invece passa la luce. I quadratini neri proiettati al muro sono come piccoli nascondigli per i nostri desideri, sogni e speranze.
Fino al 29 ottobre; Hamburger Bahnhof, Berlino; info: www.smb.museum