Giacomo Raffaelli

Non avete mai sfogliato il nostro cartaceo? Per farvi recuperare, vi proponiamo un pezzo dal numero 110 

L’umanità, nel tentativo di svincolarsi dalla natura, ha provato a dominarla. Ha finito con l’essere vittima del suo stesso dominio. Un rapporto dialettico soggetto oggetto ha portato da un lato alla scoperta delle onde gravitazionali e dall’altro a un distacco dell’uomo dalle cose. Per superare paure primitive abbiamo cercato di capire la cosa, usarla a nostro favore, dominarla. Negli sforzi per comprenderla sono nate idee che hanno portato teorie. Il soggetto per capire l’oggetto ha creato sistemi autoreferenziali e astratti operando un ribaltamento: il sistema non era più necessario per comprendere la cosa ma la cosa serviva per verificare il sistema. La teoria si è imposta come unico metro di riferimento, al di sopra dell’oggetto e del soggetto. Il risultato è un rapporto mediato fra le cose e le persone nel quale le cose continuano ad avere una loro esistenza fuori dalla teoria che non le spiega. Questa rara libertà dell’oggetto è il buco nella maglia che si allarga e straccia il dominio. Il processo di ridefinizione del prototipo del chilogrammo ne è un esempio. Il chilo è rimasta l’unica unità di misura definita da un oggetto, un cilindro perfetto realizzato nel 1879. Questo cilindro però non pesa più un chilo. «Sono saltati i paradigmi – dice Giacomo Raffaelli, artista che segue queste ricerche dal 2013 – e un team di scienziati sta cercando di ridefinire il prototipo. Una ricerca che è durata 20 anni e che nel 2018 arriverà a una conclusione. Il paradosso è che quell’oggetto non può cambiare perché è Il chilo, qualsiasi peso assume rimane comunque un chilo, anche se ne casca metà resta il parametro di riferimento». L’oggetto si è mostrato contrario alla teoria rivelando la natura di dominio e astrazione di ogni sistema. Il risultato è un oggetto che non è più un chilo, un’idea di chilo che non ha paradossalmente più un oggetto e un team internazionale di scienziati sta cercando di abbandonare l’oggetto per raggiungere un sistema ancora più astratto e perfetto quando è chiaro che non potrà mai esistere applicato alla materia per la quale è stato creato. Come il cilindro dimostra perfettamente. «Il problema è ontologico – continua Raffaelli – stiamo cercando di assolutizzare la materia, di dire che un oggetto pesa un chilo quanto lo stesso valore è arbitrario. Quel cilindro non ha nulla a che vedere con il chilo, è un sistema di astrazione. Stiamo attribuendo all’oggetto un valore che non ha, quello di essere assoluto».

Chiaro come il chilo rappresenti perfettamente l’idea del dominio del soggetto sull’oggetto.
«Ma non solo, anche fra soggetto e soggetto. Con l’artista Clemet Salè abbiamo lavorato sui documenti originali che raccoglievano i processi di negoziazione in Francia prima della diffusione del sistema internazionale di unità di misura. Scartabellando è saltata fuori la volontà di Luigi XVI di imporre questo sistema a tutta la Francia operando una standardizzazione e un livellamento di qualsiasi altra misura regionale. Poi un crescendo. Con lo sfondo del positivismo e i primi accenni di globalizzazione si è sentita la necessità di istituire sistemi di mediazione per sfruttare meglio il mondo globalizzato, soprattutto commercialmente. Hanno applicato un vero progetto di dominazione e colonialismo mascherandolo dietro una praticità di economia universale. È un sistema che continua tutt’ora, per esempio con gli standard Iso».

Come hai declinato le ricerche in lavori?
«Il cilindro vive in un contesto di isolamento e non può essere spostato. Ho cercato di trasportare questo oggetto dal laboratorio attraverso le immagini. L’idea era mostrarlo in un ambiente nel quale non venisse tenuto in considerazione solo per la sua funzione ma anche per le sue caratteristiche estetiche. Ho provato a lavorare con il chroma key per spostare il chilo dal laboratorio sia pure digitalmente. Ma il chilo con la sua natura riflettente ha assorbito il chroma key che è quindi diventato inutilizzabile. Ho provato con gli scanner 3D. Ma è fallita anche questa. Per caratteristiche formali, superficie rotonda, angoli smussati e materiale riflettente il chilo si rifiuta di essere scannerizzato. Dai fallimenti è nata l’idea che il chilo sia l’ultima unità di misura definita da un oggetto fisico perché è lui stesso che si rifiuta di essere digitalizzato».

Un ultimo baluardo del mondo analogico.
«Il suo essere ancora materia reale in un mondo digitale è forse il primo aspetto che mi ha colpito. Il chilo non si è mai riuscito a separarsi dalla sua forma corporea come se volesse rimanere ancorato a un modo di fare scienza e di produrre conoscenza ottocentesco. Così ho lavorato molto con il video. Untitled (Interfaces) è un corto che mostra tutte le interfacce esistenti fra le mani degli scienziati e il chilo. Il cilindro ha come un’aura religiosa per cui nessuno può toccarlo per evitare contaminazioni. Dall’anno in cui è stato prodotto sono stati inventati i più astrusi oggetti per manipolarlo. Un mondo che esiste solo fra le mani dello scienziato e il chilo. Dalle forme arcaiche a quelle hi tech c’è di tutto. Il video diventa una sorta di archivio per un universo oggettuale che seppur ancora in funzione è già destinato all’inattività, nel 2018 infatti ci sarà un nuovo prototipo di riferimento. Stanno per morire ma stanno ancora lì. Ho fatto anche una conferenza performativa e un articolo, Under Specified Contitions nel quale mi rivolgo al pubblico in prima persona rivelando i miei problemi con la rappresentazione fotografica, dell’impossibilità del digitale di ritrarmi a dovere. Solo nel corso della conferenza si capisce come in realtà stia impersonificando il chilo e la sua resistenza alla riproduzione digitale. In un altro lavoro Pointcloud ho fatto delle stampe UV sulle quali ho depositato il rumore delle scansioni fallite del chilo su una pelle di daino, la stessa utilizzata per pulire il chilo. Il materiale fra i più comuni nel lavaggio è lo stesso che viene usato per l’oggetto unico al mondo».

L’azione del pulirlo, l’isolamento, lo rendono quasi un oggetto magico.
«È il simbolo di una fede, una specie di reliquia. Detergerlo, tra l’altro attraverso una procedura complicatissima, significa renderlo immacolato. Quando ho detto che nessuno poteva toccarlo ho mentito. C’è solo una persona in tutto il mondo che può fisicamente approcciarsi al cilindro. Ce ne sono state cinque da quando è stato inventato. Ad avere il privilegio ora è la scienziata Pauline Barat. Inutile dire come la sua figura diventi una sorta di vestale in grado di mediare fra quell’oggetto negato a chiunque e tutti gli altri essere umani».

Come verrà visto questo lavoro quando avremo un nuovo chilo?
«Mi è già successo con un’altra ricerca, Blind Injections. Ho lavorato nel centro al progetto Virgo a Firenze che all’epoca, era il 2015, stava studiano per verificare la teoria di Einstein delle onde gravitazionali. Sei mesi dopo che ho finito li lavoro, il Cern conferma la teoria. Non credo che il mio lavoro sia stato compromesso anche se apparteneva a un periodo precedente la scoperta».

In cosa consisteva?
«Ho fatto un’installazione per la biblioteca del centro astrofisico di Firenze con trenta video in loop e una composizione musicale quadrifonica. Il suono in molte ricerche astronomiche viene utilizzato quando il lavoro è ancora in una fase embrionale. Poi con il progredire degli studi viene abbandonato e sostituito dall’elemento visivo. Le registrazioni servivano al centro a scopo diagnostico, analizzavano le interferenze che non permettevano l’esatto svolgimento dell’esperimento contaminando un ambiente che doveva rimanere vuoto come lo spazio cosmico. Ho preso questi suoni e come con il chilo li ho spostati rivelandone anche un altro aspetto diverso da quello scientifico, una dimensione d’ascolto. Il progetto sul chilogrammo e questo sulle onde gravitazionali credo esprimano bene l’idea del dominio e del suo fallimento. In questo l’arte è simile alla scienza, una ricerca di perfezione, già votata al fallimento».

info: giacomoraffaelli.com

BIO
1988
Nasce il 17 ottobre a Rovereto
2014
Inizia a seguire il progetto di ridefinizione del prototipo del chilogrammo al National Physical Laboratory di Londra
2015
Collabora con Virgo, il progetto italiano che ha partecipato alla scoperta delle onde gravitazionali
2016
Frequenta il Program d’expérimentation en arts et politiques a Sciences Po, Parigi, diretto dal sociologo Bruno Latour
2017
È parte di un team di artisti e ricercatori con il quale realizza un piano di ri-progettazione del Musée Nicéphore Niépce a Chalon-sur-Saône