Icons

Che cos’è l’icona? Il termine può suonare abusato e blasonato, la domanda scontata. Ma l’icona, secondo l’etimologia greca εἰκών -όνος, «immagine», rappresenta, per il suo significato intrinseco, un vero e proprio archetipo dell’arte, dal quale è impossibile liberarsi: sia nella sua natura figurativa che in quella astratta, l’immagine designa infatti il segno più o meno tangibile dell’arte stessa. In semiologia, e più precisamente secondo Charles Sanders Peirce, l’icona è uno dei tre tipi fondamentali di segni (gli altri due sono l’indice e il simbolo), distinti secondo il rapporto che li unisce alla realtà esteriore: è il segno che è con questa in rapporto di somiglianza, in quanto presenta almeno una delle qualità o ha la stessa configurazione dell’oggetto significato. Ne deriva che, sempre secondo la definizione del termine, l’icona sia riferita alla figura o al personaggio emblematici di un’epoca, di un genere, di un ambiente.

Dall’esigenza di raccontare il rapporto tra tempo, arte e mercato in relazione alle immagini come icone, nasce la mostra Icons, ultime tendenze NeoPop, in scena da Deodato Arte fino al prossimo 29 luglio: “Con l’abbattimento – afferma il curatore Christian Gangitano – delle barriere tra fine-art e arti minori, a favore di un’arte per tutti, attraverso tecniche vicine al marketing e alla comunicazione, l’artista oggi diventa ‘griffe’. La Pop Art della prima ondata storica, di matrice prima europea e poi statunitense, è connotata come un’arte accessibile solo dal punto di vista iconografico ma non completamente dal lato del collezionismo d’arte e della sua diffusione planetaria. L’arte Pop di oggi – continua – divenuta NeoPop grazie alle nuove generazioni di artisti e nelle sue varie forme diventa accessibile, di vasta diffusione e più comprensibile, essendo legata a linguaggi e media-mix sempre più trasversali che vanno dalla street art, al web 2.0, al marketing, fino a fondersi con fashion e design, i confini tra le diverse discipline diventano sempre più flebili».

Dell’immagine, e dunque dell’icona, si riscopre la piacevolezza dell’essere pop nell’originaria accezione del termine, ovvero popular, la mostra è infatti concepita come uno zibaldone visivo, che accosta l’arte dei maestri Warhol, Haring, Murakami ai più giovani instancabili colleghi: ecco che la Marilyn Grey e i Beatles del celebre Andy, immagini rimbalzanti e risuonanti, incontrano le vivaci epifanie esoteriche di Matteo Guarnaccia, misteriose con purezza, che ben si addicono all’attitudine hippie dei fine 60′, ecco che l’immagine di Batman, restaurata con nuova freschezza da Massimo Giacon, è affiancata dallo spirito superflat dei teschi di Murakami, ironici e gioiosi solo in apparenza, ecco che la fluidità delle iconiche forme di Haring incontra la staticità quasi sacrale dei personaggi-feticcio di Felipe Cardeña, coronati dai fiori e fulcro delle sue opere. E ancora, come monoliti fluorescenti spiccano le light-boxes di Marco Lodola, s’impongono panettoni colorati di Pao, o l’ironia raffinata, lievemente pungente di Mr. Savethewall, OBEY (Shepard Fairey) e Mr. Brainwash, persino naïf di Tomoko Nagao, che con innocenza demitizza i grandi capolavori della storia dell’arte, riproponendoli in chiave squisitamente neopop.

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