Silverwood lake

«In che modo nasce questo volume? Come sono nate anche le altre storie, Amina e il vulcano e Dammi la mano. Con il tempo. Le idee si stratificano, così come le immagini e le varie suggestioni. Poi pian piano il tutto si incanala in un percorso mentale, che alla fine si manifesta attraverso un’idea per un soggetto». A parlare è Simona Binni, fumettista romana, autrice di una graphic novel che ha il suo fulcro – si legge nel testo di presentazione – «in un viaggio nel Sud della California, tra gli homeless, alla scoperta delle parti più nascoste dell’anima».

Un racconto intenso, Silverwood lake (Tunué, 168 pagine, 16.90 euro) che nasce in modo interessante, come spiega Binni. «Inizialmente avrei voluto scrivere un libro per ragazzi, poi mi sono resa conto che per i temi trattati, probabilmente sarebbe stato meglio rivolgere questa storia a un pubblico più adulto. E così è stato. L’argomento dei senza tetto, ma soprattutto lo stato d’animo di persone che in un modo o in un altro si arrendono alla vita, è un tema che mi ha sempre molto colpito». Ed ecco Diego Lane, giornalista, che nella speranza di capire le ragioni che hanno spinto sua padre a vivere da homeless («avrei preferito che fosse morto») decide di intraprendere un viaggio nel sud della California, solo, lontano dal suo mondo e in stretto contatto con il lato più celato di sé, quello che per diciassette anni era rimasto bloccato. Vittima, in qualche modo, di un’assenza incolmabile e di un’angoscia devastante: essere cresciuto senza la figura paterna. «La sua scomparsa ha lasciato un vuoto pieno di dolore e in quello spazio ho cercato di costruire la mia vita», le parole di Diego, che (almeno nelle intenzioni) vorrebbe realizzare un reportage su una comunità di homeless che vive sulle rive del Silverwood lake («nel sud della California, sulle rive del Silverwood lake, c’era un vecchio camping abbandonato. Un uomo di nome Ted lo ha comprato e rimesso in funzione. Da anni ospita gratuitamente persone ai margini o senza fissa dimora»).

Nel corso del suo viaggio, Diego scoprirà di essere partito con l’idea di cercare delle risposte, per poi accorgersi di aver recuperato – in quella che è un’esperienza così distante da lui – una parte tanto vera di sé da ribaltare lo scenario della sua esistenza. «Otto mesi di lavoro, tra disegni, storyboard e colorazione. Un impegno quotidiano», spiega l’autrice. Il risultato è un racconto dal ritmo coinvolgente (caratterizzato da un’illustrazione puntuale e attenta), fluido nella sua stesura. «Come l’acqua, che è un elemento fondamentale della narrazione. In questi primi tre libri – e nel prossimo, che uscirà a breve – l’acqua è un mezzo attraverso cui i miei personaggi entrano in contatto con la parte più profonda del proprio essere e riescono a farci i conti. Se vogliamo, una sorta di ”ciclo dell’acqua”». E perché la scelta di questo lago? «Una volta stavo parlando del progetto a un mio amico regista – replica Binni – e lui mi consigliò la visione di un documentario, Below sea level, di Gianfranco Rosi, che parla della stessa comunità di senza tetto che recita nel film Into the wild di Sean Penn. Rimasi colpita da quelle storie e dall’ambientazione, che mi ha fatto poi scegliere un lago americano, il Silverwood lake, permettendomi di rimanere in California, ed avere l’acqua come elemento fondamentale».

Info: www.tunue.com

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