In Vitro

«La ricerca per un biologo è indirizzata a raggiungere un obiettivo, giusto? Ecco, anche noi abbiamo tanto indagato per raggiungere questo punto. Normalmente non lavoriamo mai in coppia, ma se c’è una cosa che accomuna i nostri lavori – molto diversi di per sé – è sicuramente la necessità di arrivare a un punto e continuare a cercare finché non viene raggiunto».

Per la prima volta ritrovatisi a lavorare insieme sullo stesso progetto, Leonardo Aquilino e Sacha Turchi giungono alla realizzazione di un corpus di lavori che trova una coerente soluzione di continuità, sapendo distinguere l’identità dei due artisti pur partendo da una base di ricerca comune. Gli spazi della galleri aMatèria di Niccolò Fano rispondono ancora una volta molto bene al dialogo fra due artisti che, seppur molto diversi nel prodotto artistico finale, sviluppano differentemente la meticolosa ricerca scientifica tipica dell’ambiente laboratoriale.

In vitro è una duplice vetrina: se da una parte Aquilino riporta il risultato del suo lavoro al microscopio sottoposto a ingrandimento fotografico mediante uno strumento analogico, dall’altra il lavoro di Turchi è piuttosto un’illustrazione a un processo creativo del quale il fruitore può seguire tutti i passaggi.

«Mi è capitato di osservare nelle antiche iscrizioni che rappresentavano mappe della città di trovare la presenza del colore oro in prossimità dell’incrocio tra le strade. È la stessa cosa che ho fatto con questi nuovi lavori». Racconta Leonardo e continua: «Ho studiato al microscopio le ali di diverse libellule, per poi ingrandirle tramite uno strumento analogico»: la trama delle ali diventa un tracciato di strade i cui profili sono arricchiti da una marcatura dorata. Assieme alle due fotografie tratte dalla serie Eldorado, l’installazione presentata in occasione di In vitro è una simmetria pulita, elegante e leggera con le sue fotografie appese alla parete come Polaroid.

Da sempre legata alla ricerca sul corpo e specialmente alla struttura che lo sostiene e lo rende stabile ed equilibrato, Turchi torna a mettere in relazione l’idea dell’elemento naturale che cresce con la crescita dell’organismo umano stesso. «Una parte del lavoro è legato alla ricerca che sto portando avanti sulla possibilità dell’epidermide di essere traspirante. Se proviamo – dice – a prelevare della pelle da una parte del corpo e applicarla altrove, non riuscirà a respirare. Ho studiato a lungo una pianta da cui poter creare della superficie traspirante e, dopo vari tentativi, ho creato queste sorte di pelli a partire dall’essiccazione della foglia di soia, proprio per le sue proprietà». Nella scultura Moveo, una vertebra in scala gigante nella quale l’artista riesce perfettamente a rinchiudersi, la pelle che protegge la struttura è quella stessa pellicola che protegge gli organi interni, tiene insieme le ossa, difende dal mondo esterno. Una superficie che è insieme un confine con l’altro, un limite, così come una struttura complessa che preserva l’interiorità.

Una riflessione che cresce come la cultura batterica attiva, una minuziosa serie di tentativi che occorrono per rendere un esperimento riuscito, per raggiungere finalmente il risultato sperato. Attenzione e processo metodologico sono due caratteristiche che accomunano Aquilino e Turchi, che riescono perfettamente in questo tentativo di collaborazione.

Fino al 3 giungo; Matèria, via Tiburtina 149, Roma; info: www.materiagallery.com

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