Se si potesse ricostruire la carriera di un artista attraverso i titoli delle sue mostre personali si noterebbe un concatenarsi di situazioni ed evoluzioni che ne denotano la sua crescita espressiva. CROSSOVER/S di Miroslaw Balka, prima retrospettiva italiana dedicata all’artista polacco a cura di Vicente Todolí, arriva in Pirelli Hangar Bicocca dopo la mostra del 2016 presentata all’istituto Polacco di Roma intitolata Emplacement. Per lo spazio milanese, Balka ha sviluppando in tridimensione l’idea di “piazzamento” (anche nel suo remoto significato bellico) progettando una “mostra-tracciato”, quasi una mappa, all’interno della quale l’architettura delle navate del corpo alto viene mostrata nel suo stato originario, in totale assenza di luce. Sarà capitato a tutti di alzarsi in piena notte, in preda all’insonnia, martellati da pensieri troppo veloci per acquietare l’animo, e di cominciare a vagare per le stanze buie della casa in cerca di qualche conforto. Con i piedi nudi sul pavimento gelido, avvolti nel tepore del sonno negato, la casa di sempre, avvolta nell’oscurità, diviene ad un tratto un luogo perturbante. E quando gli occhi faticano a trovare la strada bisogna ricorrere a stratagemmi differenti: l’udito, l’olfatto, il tatto, l’intuito, l’istinto, l’amore. Una completa riappropriazione del nostro corpo permettere di stabilire una nuova confidenza con lo spazio che occupiamo – fisicamente – e di riconsiderare l’ambiente quotidiano (fatto di tenere abitudini meccaniche) con spirito rinnovato e consapevole.
«È importante ricordare al visitatore – afferma l’artista – che egli non è soltanto occhi, ma anche corpo che cammina nello spazio», che nella profondità del buio fa stazionare tappe di un viaggio circolare dal quale si irradiano nuovi aspetti e significati delle diciotto opere esposte, in un continuo rimbalzo di dualismi: entrate e uscite, buio e luce, visibile e non visibile, visitor e visiting. Così, Holding the Horizon (2016), video inedito concepito appositamente per Pirelli HangarBicocca posizionato in apertura della mostra, e Yellow Nerve (2012-2015), virtualmente opposto alla prima opera, racchiudono il tratto caratteristico di tutta la mostra dove sovrapposizioni, scale, dimensioni, visioni si uniscono a creare un’unica grande situazione. La cura nella scelta delle parole da usare per descrivere l’esposizione di Balka in Pirelli Hangar Bicocca è molto importante, ma alcuni termini, più di altri, si fanno prepotentemente strada in un vocabolario evocativo che affonda le sue radici nell’indagine sull’esistenza e sulla natura dell’uomo, nella memoria individuale e collettiva, nella riflessione sulla storia dell’Europa e della Polonia. Il primo termine cardine ci viene regalato direttamente dal titolo dell’esposizione: CROSSOVER/S, ovvero attraversamento e/o scambio, ma anche, in biologia molecolare, il termine che indica l’importante meccanismo di ricombinazione del materiale genetico. Lo slash che spezza la parola introduce ad una rottura sia della spazialità che della temporalità, ma invita anche a considerare la mostra come un organismo con infinite possibilità evolutive. In tal senso viaggia la scelta del numero di opere installate (diciotto) che raccoglie in sé la cifra 1, ovvero il singolo e l’individualità, e l’8, che rimanda all’infinito.
Personalità e collettività, quindi memoria intima che nutre un sentimento popolare e condiviso. Il dialogo tra l’io e l’ambiente ci conduce al secondo termine: between. Lo spettatore si muove tra le varie stazioni del percorso e, attraverso l’ascolto sinestetico delle diverse situazioni, la mostra può esser compresa sia individualmente che insieme (agli altri, al propio corpo, ad un sentimento comune). Un attraversamento continuo di soglie, quello organizzato da Balka in Pirelli HangarBicocca, un percorso immersivo, caratterizzato da incroci fisici, sonori, simbolici e temporali, dove le ombre disegnano diagonali che dialogano con i video proiettati a terra o con gli scheletri delle strutture delle installazioni, in un intreccio totale e costante di memorie. Tra alcune opere si scorge anche la ricerca costante di una dimensione domestica e familiare, soprattutto nella simbologia intrinseca nei materiali scelti, tra i quali il sapone e gli zerbini.
Al centro di questi nodi sta l’Uomo. Miroslaw Balka, da una iniziale produzione di sculture figurative, agli inizi degli anni Novanta abbandona le forme antropomorfe per realizzare opere che alludono alla presenza umana senza mai raffigurarla. Stringhe numeriche, esperienze fisiche, oggetti della quotidianità portano l’essere umano a lottare con le sue proporzioni, con il suo ingombro, con la sua capacità di assorbire gli stimoli che giungono dall’ambiente, a riconsiderare la sua materia: corridoi alti come l’altezza dell’artista o 250 cm – come la misura di Miroslaw Balka con il braccio alzato (250x700x455, Ø 41×41 / Zoo/ T, 2007/2008), pareti ricoperte di sapone che squarciano il naso prima ancora che gli occhi (Soap Corridor, 1995), gabbie cruciformi con vie d’uscita in ogni direzione (Cruzamento, 2007) e vicoli ciechi (200x760x500/The Right Path, 2008/2015). L’architettura perde di punti di riferimento, ruota, le installazioni non stanno solo accanto a noi, ma sopra, sotto, si ingigantiscono o si fanno sottilissime, ci parlano, suonano l’aria, in un turbinio di stimoli che acuiscono la nostra funzione nello spazio e dello spazio.
Dal 16 marzo 2017 al 30 luglio, Info: www.hangarbicocca.org