Artista versatile e innovativo, in grado di rivoluzionare la scena contemporanea del graphic novel, Chris Ware – all’anagrafe Franklin Christenson Ware – è il disegnatore che ha vinto il maggior numero di premi di qualsiasi altro del settore, paragonato a James Joyce per la complessità delle sue opere. Come se non bastasse è stato il primo fumettista chiamato a esporre al Whitney museum of american art a New York, e nel 2006 gli è stata dedicata una personale al Museum of contemporary art di Chicago.
Non stupisce, dunque, la pubblicazione di un volume che esalta – a ragione – i suoi lavori: Il palazzo della memoria (Fandango editore, 128 pagine, 20 euro), collana Coconino studio, a cura dell’associazione Hamelin, che si distingue come il primo libro in lingua italiana dedicato al maestro statunitense. Richiamandosi a molteplici fonti di ispirazione – dal già citato Joyce a Vladimir Nabokov, da Edward Hopper a Robert Crumb, da Dave Eggers a Zadie Smith –, Ware (nato il 28 dicembre 1967 ad Omaha, nel Nebraska) è stato in grado di infrangere le barriere tra fumetto, letteratura e arte figurativa. «Cerco sempre di fare fumetti nel modo più chiaro e conciso possibile, allo stesso modo in cui sperimento la realtà nell’immediato presente», ha dichiarato recentemente l’autore, definito dalla stampa estera «un maestro nell’inventare sempre nuovi strumenti narrativi. Un genio nell’uso delle linee e del colore, un talento ingegneristico nel descrivere la complessità».
Ed ecco che, insieme a una vasta selezione di tavole a fumetti, illustrazioni e disegni, Il palazzo della memoria raccoglie quattro scritti di Ware, contributi di colleghi come Chip Kidd e Ivan Brunetti e un saggio degli accademici David Ball e Martha Kuhlman, che ricostruisce in modo esaustivo l’iter artistico dell’autore. Completano il volume due lunghe interviste rilasciate al magazine statunitense Paris review e alla rivista berlinese Mono kultur. Un’opera corposa e complessa, insomma, come l’universo che tratteggia Ware. In questo senso Maura Pozzati, consigliere d’amministrazione Fondazione del Monte con delega alla cultura, sottolinea nell’introduzione del libro che quello di Ware «è un linguaggio che travalica i confini del graphic novel e che e immediatamente riconoscibile per pulizia e astrazione, ma che offre al lettore una serie di inciampi, di diramazioni, di vuoti, di pieni, di bianchi, di neri che smantellano la linearità classica con cui si susseguono le vignette all’interno della pagina».
Quindi precisa: «Al lettore e richiesta una partecipazione attiva, un atto di intelligenza nel suo significato etimologico di “intellegere”, cioè conoscere distinguendo con il pensiero». Accostarsi alle opere di Ware per la prima volta può essere – si badi bene – un’esperienza davvero sorprendente. Leggere un libro come questo, anche “spiazzante”, che coinvolge e richiede particolare attenzione – soprattutto in un momento storico dove l’imperativo è “correre” – può rappresentare il primo passo per conoscere un autore incredibile che considera i fumetti – parole sue – «non un genere, ma un linguaggio in via di sviluppo».
Info: www.fandangoeditore.it