Da Romanzo criminale a Il capo dei capi, da Gomorra alla Uno bianca, da Suburra a Faccia d’angelo fino a Vallanzasca. Il crimine italiano sul grande e piccolo schermo viene raccontato, in modo dettagliato, nel saggio Ciak, si spara (Nicola Pesce editore, 160 pagine, 9.90 euro) scritto dal giornalista Nico Parente. Il volume prende in analisi serie tv e opere cinematografiche basate su fatti realmente accaduti, confrontando cronaca e trasposizione. Il risultato è un libro dai contenuti ben ordinati, una lettura fluida in grado di coinvolgere sia gli appassionati del genere – e in Italia ce ne sono – sia quanti vogliono saperne di più su titoli tratti da quei fenomeni di malavita organizzata che hanno sparso orrore, sangue e morte nel Belpaese.
Criminali senza scrupoli che cinema e tv hanno reso protagonisti di pellicole e sceneggiati, balzati agli onori (disonori) della cronaca, si sdoppiano presentandosi, prima che come personaggi di un romanzo o di un copione, sotto quelle che sono le loro vesti reali. Nell’introduzione lo scrittore Fabio Giovannini scrive: «Quello che dovrebbe preoccuparci di più, forse, è che nel successo anche internazionale di film e telefilm italiani ispirati a cupi fatti di cronaca, si riverbera il sentimento di un paese da tempo in crisi. L’Italia di quei film e telefilm è senz’altro un’Italia dove il delitto e l’intreccio tra criminalità, economia, politica e istituzioni è rilevante e caratterizzante».
Ed ecco il capitolo Quelli della Uno bianca, nel quale si ricorda che «per sette anni, un gruppo criminale operante nell’Emilia Romagna semina terrore, morte e odio razziale», oppure la sezione dedicata a Romanzo criminale (il focus riguarda il film e serie tv), dove «quello che sembrerebbe il prologo di un romanzo avvincente e dal ritmo incalzante è, in realtà, la storia della temutissima banda della Magliana». E ancora, Il capo dei capi – «la serie che si pone come obiettivo quello di ripercorrere la lunga e sanguinaria carriera militare del boss Salvatore (detto Totò) Riina», il film Vallanzasca, gli angeli del male, la cui vicenda, insolita e singolare, «distingue in tutto e per tutto il boss della Comasina da altri criminali», Faccia d’angelo, mini serie televisiva «che racconta l’ascesa e il declino del Toso, ambizioso criminale veneto in gradi di scalare, appena ventenne, i vertici della criminalità» e Suburra, la pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, che tratteggia una Roma buia, violenta e tetra come non si era mai vista.
Parente, ovviamente, non poteva esimersi da dedicare nel suo libro ampio spazio a Gomorra (la cui serie tv nasce da un’idea di Roberto Saviano, autore dell’omonimo best-seller), una produzione dal taglio decisamente internazionale «che consente sin da subito di toccare con mano una vicenda criminale spietata e senza limiti». A rimarcare, come sottolinea Giovannini, «che i generi, siano essi cinematografici, televisivi o letterari, possono aiutare a riflettere sulla politica, sulla realtà e sulle condizioni sociali di un’epoca».
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