Un monumento per Lamborghini#1

Come interpretare, in chiave architettonica l’essenza di uno dei marchi più rappresentativi nella storia dell’automobile? Questa la domanda alla base del Lamborghini Road Monument, concorso internazionale di architettura lanciato circa tre mesi fa da YAC (Young architects competition) in collaborazione con l’automobile icona del Made in Italy. L’obiettivo della call era la realizzazione di due installazioni architettoniche per l’accesso degli stabilimenti della Lamborghini a Sant’Agata Bolognese (BO). Lo scopo delle opere, celebrare la leggenda e fissare, nella materia, una storia di velocità, potenza e innovazione. Due sono stati i vincitori del concorso che si dividono il montepremi di 20 mila euro: Team ACQ studio e Zeronove architetture. Abbiamo deciso di intervistare entrambi i premiati per comprendere le ragioni delle due proposte. Cominciamo con Zeronove, composto da Davide Pontoni e Viola Gurioli, e dal loro progetto essenziale e futuristico al tempo stesso.

Cosa rappresenta la vittoria di questo concorso?
«Un segnale ottimistico e di incoraggiamento. Ci ricorda che con entusiasmo, dedizione e un pizzico di fortuna è possibile ritagliarsi degli spazi in un mondo estremamente competitivo come quello del design e dell’architettura. Essendo residenti ormai da quattro anni all’estero, la nostra idea di partecipare al concorso per il monumento alla Lamborghini è nata da una serie di riflessioni su come costruire un futuro rientro in Italia e mettere a frutto l’esperienza finora acquisita nei paesi che ci hanno ospitato. Esperienza sia professionale che umana. La vittoria rappresenta quindi una spinta a darci da fare e anche un’opportunità per collaborare e imparare da un marchio che rappresenta la qualità del design italiano in tutto il mondo».

Qual è il progetto che avete presentato?
«La nostra proposta consiste in due monumenti diversi tra loro, ma derivati dallo stesso intento concettuale di ”congelare” il dinamismo e le forme che contraddistinguono il marchio Lamborghini. Il primo è composto da una serie di elementi verticali, leggermente inclinati e distanziati secondo una fitta maglia regolare, il cui profilo segue il volume di una Lamborghini Reventon, producendone un’ interpretazione astratta. Il secondo, invece, definisce il volume della Reventon attraverso una serie di sottili lame inclinate, che sezionano l’oggetto trasversalmente. Entrambi i monumenti sono composti da materiali specchiati che producono riflessi inaspettati e mutevoli della campagna emiliana e del cielo, a seconda della posizione dell’osservatore. Al calare del sole, l’aspetto dei due monumenti cambia completamente grazie a diversi sistemi di illuminazione. Gli elementi verticali del primo monumento si confondono nell’oscurità, rivelandone solo la sommità, illuminata da Led nascosti all’interno. Questa superficie appare come un drappo di luci che galleggiano nel buio, evocando ancora la forma della Lamborghini Reventon. Il secondo monumento, invece, enfatizza il profilo della macchina seguendo la forma delle lame attraverso strisce di Led colorati».

Quali linee guida avete seguito per rispettare lo stile di Lamborghini?
«Raccontare le automobili Lamborghini senza adottare una soluzione troppo esplicita, o al contrario troppo criptica, era probabilmente la sfida di questo progetto. Volevamo disegnare un monumento che ricordasse il celebre produttore di macchine, senza doverne necessariamente parcheggiarne una al centro della rotonda. Ci siamo quindi chiesti quale fosse il primo pensiero che ha una persona quando sente la parola Lamborghini. Quell’istantanea che ci appare in testa per pochi secondi mentre associamo un nome a un significato. Nell’immaginario collettivo l’aspetto muscolare e il taglio aggressivo delle forme sono le caratteristiche che separano quest’istantanea da quella di un’altra macchina sportiva e pertanto, queste dovevano essere i tratti dominanti del nostro progetto. Allo stesso tempo ritenevamo importante che il monumento esprimesse il senso di velocità, un altro aspetto fondamentale dell’automobile. Questa era forse la sfida più difficile, riuscire a ”congelare” il movimento in un oggetto statico.

La soluzione è stata quella di scomporre una Lamborghini Reventon in un numero finito di elementi riflettenti, in modo tale che la geometria spigolosa dell’opera, visto da un osservatore alla guida attorno della rotonda, risulti comprensibile per pochi attimi, in maniera intermittente, richiamando la realtà sfuocata che vediamo fuori dal finestrino di un’automobile in corsa. Questo senso di confusione è ottenuto grazie alla spaziatura tra gli specchi che consente di vedere a tratti il paesaggio retrostante e a tratti quello riflesso».

Velocità e dinamismo, elementi portanti nella poetica del Futurismo, che sembrano essere centrali anche nel vostro lavoro. Quali sono le correnti artistiche e architettoniche da cui traete ispirazione?
«È difficile identificare un’ispirazione con delle precise correnti artistiche. Un’idea mette le sue radici in dei riferimenti e questi non hanno bisogno di vestire gli abiti dell’accademia per essere legittimati. Un riferimento può venire da un film, così come da un prodotto di consumo o magari dalla natura. In questo specifico caso l’ispirazione ci è venuta dopo aver fatto un’ampia ricerca su materiali, installazioni, monumenti, e sulle possibili tematiche che volevamo raccontare. Tutti questi ingredienti hanno poi preso forma mentre giocavamo con un quadro di chiodi (pin-art)».

Qual è la filosofia che vi accompagna nel vostro lavoro?
«L’architettura ha per noi il compito di dare significato agli spazi, connettendoli alla storia degli individui che li fruiscono e dei luoghi che li circondano. La ricerca estetica accompagna sempre il nostro lavoro, poiché crediamo che gli spazi abbiano il diritto di essere belli, come dice Eliel Saarinen: «L’arte nasce come desiderio e non come necessità». Non ci dimentichiamo tuttavia che l’architettura nasce per uno scopo che, a nostro parere, non dev’essere oscurato dal desiderio artistico. Tale scopo, che è anche la sua funzione, è la ragione per cui l’architettura esiste e insieme al significato, ne determina il valore civico, dando senso e responsabilità al nostro lavoro».

Info: http://09architecture.wixsite.com/home