Si è appena conclusa nella sua città d’origine la 47esima edizione di Art Basel, la fiera d’arte moderna e contemporanea che da sola riesce ogni anno a sospendere il mondo dell’arte per una settimana per concentrare le sue energie, i suoi attori e le loro pance affamate in un unico luogo. E a buon diritto: 286 gallerie d’arte provenienti da 33 paesi diversi nel mondo, 4.000 artisti tra affermati ed emergenti, uno spazio espositivo mostruoso e un giro di affari che raggiunge le 9 cifre non sono cose che capitano tutti i giorni. Aperta al pubblico dal 16 al 19 giugno, Art Basel è una fiera complessa da raccontare e troppo densa da sintetizzare, con le sue numerose ramificazioni che vanno dalla massima qualità delle opere esposte nelle Galleries a Parcours e le sue installazioni site-specific cosparse per la città svizzera, dai progetti curatoriali di Feature agli artisti giovani e nuovi di Statement passando per le conferenze tenute da personalità di punta dell’art world.
Eppure a spiccare, in questo pullulare di progetti in cui non si sa dove posare lo sguardo, è senza dubbio Unlimited, curata quest’anno da Gianni Jetzer, una piattaforma unica per opere d’arte che trascende il format tradizionale dello stand fieristico e che quest’anno ha toccato il record di 88 progetti ambiziosi che spaziano negli ultimi 60 anni. La sensazione che si ha passando dai classici (e asettici) stand a questo capannone che ricorda una base di lancio della Nasa è un effetto ”Wow” dato dalla maestosità spaziale delle opere, come l’installazione di Paul MCcarthy Tomato Head (Green) o le cento valige tenute appese al soffitto da corde rosse di Chiharu Shiota. Laddove il formato si riduce la sorpresa è mantenuta dall’eccentricità dell’idea, come le sculture invisibili e mimate da attori in guanti rosa di David Balula oppure Make a Salad di Alison Knowles, in cui i performes preparano gli ingredienti per fare un’ insalata prima di invitare gli spettatori a lanciarla in aria insieme all’artista e poi servirla. Ad Art Basel dunque era come se ci fosse una spaccatura, viva nell’arte, nel modo di farla così come di esporla (che poi è davvero attuale oggi fare questa distinzione?): da una parte delle opere strane e sorprendenti, quel genere di cose che instillano nella mente di chi guarda il dubbio che ci sia una creazione di senso a lui inaccessibile o una provocazione, come lo scontrino Coop appeso al muro dell’artista Schipper nella Johnen Galerie; dall’altra parte opere dai format ai quali ormai si è assuefatti e per cui la retina non ha fatto in tempo a captarli che il cervello li ha già rimossi, come le sagome lucide e curvilinee di Jeff Koons o gli specchi deformanti di Anish Kapoor, entratura per le gallerie per una monetizzazione più rapida e meno rischiosa.
Se è vero che si legge e si pensa che l’arte non conosca crisi né mercati restringenti, allora bisogna fare i conti con la mancanza di intraprendenza delle gallerie. L’artista Hans Op de Beeck sembra aver messo in scena questa incertezza dell’art market dovuta alla tensione economica con The Collector’s House, un’installazione in cui lo spettatore è immerso nell’evocazione tridimensionale di una stanza privata, che mostra sculture, immobili e dipinti in intonaco grigio, quasi volesse creare un parallelo tra la realtà incenerita di Pompei e un mondo, quello dell’arte, che fa fatica a riprendere colore e movimento. A rendere quest’opera ancora più interessante ed emblematica poi, la co-partecipazione di tre gallerie diverse, Galleria Continua, Marianne Boesky Gallery e Galerie Krinzinger, per la sua presentazione e in ottica abbattimento costi. Uscendo dalle mura della fiera, c’è tanto ancora da visitare, solo spogliato dalla logica commerciale che abita al suo interno. Basti pensare alla Fondazione Beyeler che ha esposto uno spaccato dell’opera di Alexander Calder, o ai film d’artista e documentari proiettati allo Stadkino Basel. Theatre Basel ha ospitato Bound To Hurt di Douglas Gordon per due serate consecutive, spettacolo in cui viene rappresentata la violenza attraverso una voce femminile lacerante e un’orchestra travolgente, in altri termini una di quelle perle che sono difficili tra scovare in contesti diversi.
Nonostante tutto, l’arte contemporanea resta un mondo impenetrabile o penetrabile a pochi, una torre d’avorio attorno alla quale le cose accadono sulla scia di contraddizioni e opposti, tra arte e finanza, tra passione e interesse, opposti che in eventi come Art Basel emergono come un insieme unico e coerente, come lo era l’uomo nel mito di Platone, prima che Zeus lo condannasse a una ricerca perenne.
Info: www.artbasel.com/basel