Una rivoluzione gentile

Fino al 9 Giugno per le strade di Roma Nausicaa Giulia Bianchi racconta la realtà delle donne prete con cento affissioni dislocate a Trastevere, Borgo Santo Spirito e Prati. Sono le immagini di You gave the Virgin a new heart , progetto nato dopo l’incontro con Diane Dougherty, una donna prete di Atlanta. La fotografa ligure, che nei quattro anni della sua ricerca ha incontrato una settantina di donne, racconta che «nel mondo ce ne sono sicuramente più di 200. Circa 150 negli Stati Uniti, dieci in Germania e altrettante in Colombia». Giulia è stata invitata nella Capitale dall’associazione americana Women Ordination Worldwide, che si batte ormai da 40 anni per la causa e che qui ha organizzato il Jubilee for Women Priests, un Giubileo parallelo a quello ufficiale indetto da Papa Francesco.

Per presentare il progetto in una vera e propria mostra a cielo aperto, Bianchi ha tappezzato la Capitale di manifesti con i ritratti di nove donne, momenti e volti di una spiritualità femminile profonda e ancora clandestina, un’organizzazione composta di diocesi costituite alla luce del sole, anche con il supporto di vescovi. Dopo la presentazione ufficiale del progetto, il primo giugno alla Casa Internazionale delle Donne, abbiamo intervistato la Bianchi per scoprire cosa c’è dentro la sua rivoluzione gentile.

Come ha reagito Roma ai manifesti di You Gave the Virgin a new heart e cosa ti ha portato a scegliere proprio le affissioni? Continuerai così anche nelle prossime tappe?
«Mi hanno invitato a esporre dentro la Casa Internazionale delle Donne, ma non si sembrava giusto mettere in un ex convento delle donne che il convento lo hanno lasciato per diventare preti della strada. E quindi pensando al posto più adatto concettualmente, i manifesti mi sono sembrati l’opzione più giusta. Altre persone si sono unite all’interesse, ed è nato il desiderio di dare i poster a molte persone in molte città e continuare le affissioni. Una cosa piccola, gentile. Pensi mai che il tuo gesto potrebbe essere percepito come attivismo e basta? Ho disegnato i poster proprio in un modo che fosse percepibile la voglia di dialogo, e non propaganda. Molti poster sono misteriosi, devi vederne diversi prima di capire di cosa si tratta».

A proposito, è vero che anche dal Campidoglio hai ricevuto complimenti per l’originalità e la sensibilità con cui l’argomento è stato trattato?
«Sì. Il funzinario del Comune ha partecipato alla mia presentazione e ha postato anche su Facebook il suo gradimento scrivendo tra l’altro affissioni come arte».

Quante sono le donne presenti sui manifesti?
«Nove».

Le donne che hai incontrato fino a oggi per documentare questa realtà, ti hanno aperto un mondo e «hanno cambiato la percezione della religione così com’era dai tempi della tua infanzia», hai dichiarato. Questo incontro ha cambiato qualcosa anche nel tuo modo di fotografare?
«Si. In almeno tre modi: pensare a tutti i ritratti non come una lotta tra fotografo e persona che viene ritratta, ma come partecipazioni. Si lavora insieme con reciproco rispetto in un lavoro corale. Cercare il divino, il trascendente, nel mondo, fotografare il più possibile il normale, senza stereotipare o rendere le cose sensazionali. Cercando onestamente di investigare una idea, non illustrando qualcosa che già so».

Come proseguirà il tuo viaggio? Ho visto che hai lanciato un crowdfunding sul tuo sito web.
«Devo ancora fotografare in Spagna, Germania e sud Africa. Cerco continuamente piccole donazioni per fare un progetto che è completamente volontario».

Info: www.womenpriestsproject.org

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