L’arte a Spring Attitude #6

Nel 1965 il MoMa di New York presentava The Responsive Eye, una mostra che riuniva in uno stesso spazio le esperienze di optical art che si stavano sviluppando in quegli anni che ponevano al centro dell’attenzione una questione fondamentale, la percezione dell’occhio umano. Sulla stessa lunghezza d’onda e qualche innovazione tecnologica dopo, si inseriscono le ricerche di Otolab, che esplora gli inganni percettivi provocati dall’illusione ottica e dalla realizzazione di performance e spazi a metà strada tra esperienza reale e virtuale. Si chiama Otolab ma non è una persona. È un collettivo che dal 2001, data della sua fondazione a Milano, raggruppa diverse personalità, provenienti da diversi mondi (musica, architettura, video, grafica). Obiettivo comune: indagare il rapporto tra immagini e suono attraverso sperimentazioni nell’ambito dell’arte e della musica elettronica. Otolab si esibirà il 20 maggio alle 23:15 all’ex Caserma di via Guido Reni, a Roma, nell’ambito di Spring Attitude, all’interno della sezione del festival Arts & New Media, curata da Caterina Tomeo e organizzata in collaborazione con RUFA (Rome University of Fine Arts). Abbiamo fatto qualche domanda agli artisti sul loro lavoro e sulla performance che presenteranno, Punto Zero: «che mette in relazione diretta qualità percettive della luce e del suono».

La vostra è una realtà formata da diverse anime: musicisti, dj, videoartisti, videomaker, web designer, grafici, architetti e molto altro. Come riuscite a conciliarle tutte e cosa comportano queste continue contaminazioni sulla vostra produzione?
«Crediamo che le contaminazioni siano il segno del tempo che viviamo, non è un caso se provenienze culturali e formative diverse, anche se derivano comunque da un ambito artistico, siano confluite nel progetto Otolab, che ha offerto uno spazio e una disponibilità al confronto tra molteplici identità e che ha dato linfa ai progetti sviluppati in questi anni.
 Lo sforzo non è tanto nel conciliarle, semmai nel riuscire ad incanalare le specificità di ogni autore nel giusto progetto, anche se questo in genere avviene in modo spontaneo».

Quali sono le influenze che vi guidano oggi?
«I nostri punti di riferimento in fondo sono sempre gli stessi, cambiano i mezzi tecnologici ed espressivi ma la nostra ricerca guarda sempre verso i mondi della sinestesia audiovisiva, dell’arte cinetica, della videoarte e della grafica minimale».

Il 20 maggio sarete all’ex Caserma per presentare Punto Zero. In un’intervista l’avete definito un progetto non finito. Potete spiegarci meglio?
«Punto Zero è prima di tutto uno strumento che, seguendo le teorie sulla sinestesia, mette in relazione diretta qualità percettive della luce e del suono. Per questo il suo potenziale espressivo è molto vasto e non ci piace l’idea di limitarlo a un solo live. Oltre a un continuo miglioramento della produzione già presentata, stiamo lavorando a soluzioni per nuove performance che sfruttino la “macchina” Punto Zero per scenari musicali totalmente diversi».

Secondo voi quali sono le nuove frontiere dell’audiovisivo?
«Difficile rispondere, questa è un’epoca di evoluzione sempre più iperbolica e frammentata dove ogni giorno si vedono nuove tecnologie strabilianti che fanno volare la mente in infinite possibilità. In fondo l’audiovisivo, o meglio dire, la performance audiovisiva, è un linguaggio artistico come un altro che muta pelle ma dai tempi delle ombre cinesi accompagna la storia umana, quello che cambia alla fine sono solo le tecnologie».

Quali i vostri prossimi progetti?
«Sicuramente vogliamo lavorare sul live Punto Zero che offre diversi stimoli all’immaginazione per uno sviluppo in diverse direzioni, ci sono poi diversi progetti in stato embrionale che vogliamo portare a temine come per esempio il progetto audio Otunes (il nome non è ancora uscito pubblicamente quindi questa è una anteprima) che produrrà tracce e album di autori Otolab o di altri musicisti che verranno invitati o vogliano partecipare».

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