Il Jukebox di Runfola suona ancora

Ricorda le Tende di Carla Accardi il Jukebox di Aldo Runfola, uno dei lavori protagonisti dell’appuntamento milanese Piano City. Una struttura quadrata formata da nove quadrati per lato definisce uno spazio che ragiona sull’idea di confine. Runfola, invece di tirare su quattro mura isolando chi è dentro da chi è fuori, realizza un ambiente aperto e chiuso allo stesso tempo. Se infatti il perimetro definito rende difficile l’entrata nello spazio interno, la trasparenza delle pareti, invece, consente un’interazione fra chi è fuori e chi è dentro. Una luce chiusa nella struttura proietta poi ombre nella sala, che riproducono, ingrandendo, il pattern forato del Jukebox. Si viene a creare così un nuovo rapporto che sottolinea il precedente, la luce dell’interno, il buio dell’esterno e l’interazione fra i due spazi che tentano un dialogo. Luce che però non è fine a se stessa ma diventa metafora, come suggerisce il titolo, infatti, dal Jukebox nasce la musica che come la luce viene dall’interno e si propaga verso l’esterno della struttura, nella sala dove un pubblico è disposto ad accoglierla.

Si capisce allora come pochi altri lavori si prestano altrettanto bene per accogliere un pianista e degli ascoltatori. In questo caso il Jukebox di Aldo Runfola amplifica le note di Luca Schieppati nella serata del 21 maggio alle ore 21.00 nella casa degli Atellani. Un momento questo che entra nella più grande cornice della quinta edizione del festival Piano city che porta pianoforti in tutta Milano, letteralmente. Dal centro alla periferia e per due giorni ogni spazio della città sarà occupato da pianisti e pianoforti, un programma impossibile da riassumere che conta più di 400 concerti. Cortili all’interno di case, giardini, piazze, spazi privati e le stesse abitazioni si aprono alle tastiere in bianco e nero per condividere insieme l’arte astratta per eccellenza.

E torna allora di nuovo la metafora inscenata da Runfola che paragonando la musica alla luce pare aver trovato una comunanza fra i due elementi in quello che hanno di più caratteristico: l’immaterialità. Un senso quasi di sospensione gravidazionale sembra investire ascoltatori e musicista che fra note e luci si muovo insieme al ritmo dettato dalle ombre e dalle mani del pianista. Info: www.pianocitymilano.it

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