Kentridge, quando l’arte riesce dove la politica fallisce

Roma

Erano tantissimi i romani che ieri sera si sono dati appuntamento sulle banchine del Tevere per godersi il grande regalo che l’artista sudafricano William Kentridge ha fatto alla Capitale per il suo compleanno: l’installazione Triumph and Laments, che per mezzo chilometro si estende sui muraglioni del Tevere tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini immortalando le scene simboliche, nel bene e nel male, della storia di Roma. La folla ha ammirato divertita e meravigliata lo spettacolo che Kentridge, con la collaborazione di Philip Miller e un centinaio di comparse e musicisti, ha messo in piedi per mostrare la sua monumentale opera pubblica: una sfilata di ombre danzanti sulle note di musiche che ispirano talvolta gioia, talvolta dolore, talvolta tragedia e talvolta speranza. Esattamente l’alternanza di mood che l’opera di Kentridge vuole comunicare con le immagini che per molto tempo resteranno impresse sull’argine trasteverino.

[youtube]https://youtu.be/eyaKrKaKOm8[/youtube]

Sono figure di trionfi e lamenti, dai fasti imperiali all’omicidio di Pasolini, da San Pietro al delitto Aldo Moro. Roma adesso si gode il suo gioiello. E deve ringraziare la genialità dell’artista e soprattutto l’intraprendenza e la tenacia dell’associazione Tevereterno, che per prima, e per molto tempo da sola, ha sostenuto il progetto, nonostante i vari ostacoli che, negli ultimi due anni, l’amministrazione capitolina ha posto per rendere, come al solito, il più complicato possibile uno straordinario capolavoro come questo. In pochi avevano compreso il merito intrinseco di questa opera ”pubblica”. Lo rispieghiamo. E lo ricordiamo a chi l’avesse dimenticato. La sua magnificenza sta proprio nella sua natura ”pubblica” (sebbene sia stata finanziata solo con fondi privati). Ha infatti riconsegnato un fiume alla città, un fiume dimenticato, ignorato, spesso anche maltrattato, e certamente poco vissuto, se non con banali rassegne commerciali. Grazie a Kentridge Roma ieri si è accorta del suo fiume. Lo ha abitato e coinvolto nuovamente nelle sue attenzioni. Luca Zevi, presidente di Tevereterno nonché stimato e autorevole urbanista, spiegava così a Inside Art questa emarginazione del Tevere: «Siamo abituati a goderne passivamente e a considerare la sua trascuratezza quasi poetica. Questo spiega perché non abbiamo saputo esprimere la capacità di mantenerne e valorizzarne la portata culturale e artistica». (per leggere l’intervista clicca qui). Ebbene l’arte, ieri sera, è riuscita laddove la politica aveva sempre fallito, ci ha fatto godere una delle prospettive più interessanti, romantiche e belle di Roma, uno scorcio sospeso nel tempo grazie a un’installazione che contiene tutto quello che un’opera d’arte contemporanea può desiderare, bellezza, potenza, poetica e chiarezza. E la politica, ancora una volta, si è fatta trovare impreparata, non riuscendo nemmeno a ripulire e sistemare la banchina del versante opposto, dove migliaia di persone ieri sera sono scese per osservare lo spettacolo. Ma poco importa, il messaggio è arrivato chiarissimo. Alle lunghe la luce trionfa sempre sulle tenebre. Ancora una volta l’arte ci ha insegnato qualcosa. E speriamo che questa lezione duri più a lungo possibile, impressa sui muraglioni del Tevere, prima di riannerirsi e tornare una patina di putridume, come quella che da tanti, troppi anni incrostava questi argini, nell’incuria e nel disinteresse generale.
Stasera dalle 20.30 alle 22.30 lo spettacolo si ripete. Vale davvero la pena di andarlo a vedere.

 

Articoli correlati