Il dubbio di Carsten Höller

Vicente Todolì, Direttore Artistico di Pirelli HangarBicocca, nell’introdurre la mostra da lui curata, Doubt, di Carsten Höller, ha parlato del dubbio come motore per innescare delle decisioni, inevitabili e necessarie, in grado di generare infiniti modi di percepire lo spazio. La mostra concepita da Höller appare come un’unica grande istallazione, formata da più di venti opere, che si sviluppa in due percorsi speculari e paralleli e seguendo ritmi diversi. Y (2003) accoglie il pubblico ponendo fin da subito il dubbio sulla direzione da scegliere, azione che determinerà l’intera fruizione della mostra. «Puoi avere la sensazione di perderti qualcosa perché c’è sempre un’altra possibilità, o c’è sempre un altro modo di percorrere la mostra», afferma l’artista. Il meccanismo del dubbio, principalmente il dubbio di sé (se fare una mostra, come farla, con che qualità) è utile, secondo Höller, per esplorare le varie possibilità di produrre esperienza. Partendo da una riflessione sul nostro vivere contemporaneo (prevedibile e scontato) si innesca un’analisi sulla mostra e sulle sua capacità di sondare l’imprevedibile, che ormai non ci appartiene più. Uno dei tanti modi per mettere in pratica questo invito è quello di allontanare il visitatore dal suo linguaggio, per spingerlo ad avventurarsi (anche con timore) in aree sconosciute o nascoste. Momenti d’incontro per provare questo salto in altre dimensioni sono presenti in mostra come delle porte aperte verso mondi inesplorati e che portano a trovarsi ‘faccia a faccia’ con sè stessi e con l’altro. L’effetto specchiante dell’opera Revolving Doors (2004 – 2016), composta da cinque porte girevoli specchianti che producono costantemente una varietà di riflessi del corpo del visitatore e dello spazio circostante labirintico, provoca una visione distorta e suscita una sensazione di smarrimento nel pubblico, che perde le sue coordinate spazio – temporali e inconsapevolmente può accedere all’altra sezione della mostra.

Dubbio, ipotesi, decisioni sono termini che rimandano non solo al percorso artistico dell’artista tedesco, ma anche a quello dello spazio (come la mostra Hypothesis di Philippe Parreno conclusasi lo scorso febbraio)e che si inseriscono all’interno della mostra Doubt come delle fotografie, memorie e trampolini per generare nuove suggestioni; Yellow/Orange Double Sphere (2016) è una riflessione sulla centralità del visitatore e sullo spazio espositivo, perchè si relaziona con Marquee di Philippe Parreno creando un dialogo nel tempo tra le due mostre e i due artisti e mettendo in luce (letteralmente) la riflessione di Höller sull’idea di divisione sia spaziale sia temporale, connettendo eventi che hanno avuto luogo in momenti separati. Questo legame, inoltre, rimanda alle ricerche intraprese da entrambi gli artisti sul concetto di partecipazione e autorialità. Filo conduttore concettuale sembra essere dunque il continuo scambio di relazioni e memorie dell’individuo; quello visivo, invece, il pattern geometrico di Zöllner Stripes (2001-in corso), un muro che crea una sorta di colonna vertebrale di tutte le navate, ispirato all’effetto di distrubo percettivo nel quale si enuncia che due o moltepilci linee parallere sembrano convergere o divergere diagonalmente se intersecate da segmenti inclinati con angolazione opposta. L’illusione destabilizzante di un continuo cambiamento evidenzia l’idea di limite e confine sia fisico che spaziale nel visitatore, portandolo a riconsiderare il suo ruolo di osservatore. L’artista, che ha lasciato negli anni ’90 la carriera da ricercatore per dedicarsi all’arte, durante la conferenza stampa ha parlato di una sorta di “alieno” come generatore della mostra; due esseri in un corpo solo (lo scienziato e l’artista), che hanno dialogato per creare, selezionare e controllare il lavoro e le immagini da proporre. Queste due anime, apparentemente così distanti, hanno rielaborato una sorta di esperimento scientifico in Doubt dove i visitatori, attivi, ricoprono il duplice ruolo di “cavie” e “controllori” della prova scientifica; l’artista non osserva il comportamento dei visitatori, ma i visitatori si osservano a vicenda, i ruoli si mischiano, i linguaggi cambiano e si intersecano, così come i percorsi nello spazio e le memorie di esso.

La mostra invita anche a riconsiderare i significati di gioco e partecipazione attraverso l’opera Two Roaming Beds (Grey), 2015, formata da due letti che vagano ininterrottamente nello spazio del Cubo e che possono, per una notte intera, far diventare due visitatori parte integrante di un progetto artistico. Senza pubblico, con modalità di fruizione diverse delle opere in mostra, in solitudine, lo spazio apparirà agli occhi del visitatore sotto un’altra veste; il movimento casuale e ininterrotto dei letti, oltre ad accompagnare il sonno del visitatore, lo porterà ad avvertire una sensazione si spaesamento al suo risveglio perchè si ritroverà in un luogo diverso da quello iniziale. Di questo viaggio onirico, oltre al ricordo intenso dei propri sogni (indotto da un set di dentifrici appositamente pensati dall’artista) rimarrano sul pavimento degli arabeschi creati dal movimento delle ruote dei letti. Tracce di una memoria al confine tra sogno e realtà. Una “Delorean” che può viaggiare avanti e indietro nel tempo e catapultare il pubblico in Congo o nell’infanzia, su un carosello illuminato (Double Carousel, 2011), che capovolge la realtà (Upside-Down Goggles, 1994/2011), che fa perdere il baricentro (Milan Swinging Corridor,2016) e dubitare persino dell’apparenza (Twins, Belgian, London, New York, Milan, Paris, Santiago, Tokyo, Vienna, 2005 – in corso).
Doubt di Carsten Höller dal 7 aprile al 31 luglio 2016; Pirelli HangarBicocca; Info: www.hangarbicocca.org

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