La grande bellezza Raffaele Montepaone l’ha trovata nelle rughe di una signora centenaria, a Stilo, magnifico borgo nel cuore delle Serre calabresi. In quei solchi della pelle, in quello sguardo, in quello slancio di gioventù della gestualità e nella eterna femminilità del soggetto l’artista ha ritrovato l’essenza della vita. Da qui la volontà di cantare con i suoi scatti un inno alla vita. Life, per l’appunto, è una serie fotografica che Montepaone alimenta dal 2007, attraverso una ricerca fisica, geografica e artistica che ha come teatro la solitaria e maledettamente bella Calabria.
Life fa parte di un progetto nato qualche anno fa. Puoi spiegarci la ricerca che hai condotto? «Life è il mio principale progetto, nato quasi casualmente nel 2007 a Stilo, lì ho incrociato per la prima volta lo sguardo vissuto e consumato di una centenaria, la signora Concetta, simbolo della più antica tradizione popolare di Stilo. Da allora ne sono rimasto affascinato e non ho smesso più di fotografare rughe, volti e mani usurate dal tempo e dalla fatica. Da allora giro i paesini più sperduti e dimenticati della Calabria in cerca di quegli sguardi nella cui profondità si nascondono i ricordi di un’epoca. Voglio lasciare traccia di una generazione che va via via scomparendo e che per me rappresenta la vera bellezza, nonostante si tenda a criticare chi della Calabria mostra l’immagine rurale, perché spesso viene associata all’arretratezza, per me non è così, il mio occhio coglie tutta la grandezza e la dignità di una vita dedicata alla terra».
La Calabria riaffiora spesso nel tuo linguaggio artistico. Cosa rappresenta per te la tua terra? «La Calabria, soprattutto la vecchia Calabria, rappresenta per me la naturale laboriosità di un popolo ad antica vocazione agricola, al quale spesso si è voluto affibbiare altra etichetta, snaturandone la vera peculiarità. Rappresenta la genuinità della gente, la semplicità in cui per me sta la vera grandezza».
Come definiresti la Calabria: Contemporanea? Metafisica? Maledetta? «È una terra bella e maledetta, piena di contraddizioni, dove il bello convive con il marcio, ma proprio per questo è una terra unica che sa regalarti odori antichi, acri e dolci al contempo. È la mia terra, a volte cruda, a volte generosa, quella dove vorrei continuare a lavorare valorizzandone la bellezza».
Come hanno reagito i tuoi soggetti alla tua volontà di ”storicizzarli”? «Non è semplice acquistare la fiducia degli anziani che mi vedono arrivare con una Nikon in mano ma, proprio per questo, lo scatto è l’ultimo passaggio. Prima di farli diventare i protagonisti delle mie opere, parlo con loro per ore, spesso pranziamo insieme, divento custode dei loro ricordi più intimi ed è quella forse la parte più emozionante, perché è un percorso di crescita e arricchimento umano per me. Solo dopo regalano al mio obiettivo le espressioni più profonde, vere e naturali, solo dopo un intenso percorso di familiarizzazione».
Il reportage sembra essere la tua tecnica prediletta. Come anche il bianco e nero. «Sin da bambino, sin da quando ha preso in mano una 35 mm i miei occhi vedono in bianco e nero, non è semplice da spiegare ma quando scatto penso già in bianco e nero, per me fotografia vuol dire rappresentazione fedele della realtà e il colore spesso distoglie l’attenzione da una lettura nuda della fotografia. Di conseguenza il reportage è la tecnica che più mi rappresenta, nulla di costruito o artificioso, solo la documentazione intima della realtà».
Qual è il fotografo a cui ti ispiri di più? «In realtà sono molti i maestri ai quali mi ispiro, partendo da Bresson fino ad arrivare a Capa, ma il mio punto di riferimento, non solo professionale, ma anche umano, è Salgado».
A dicembre 2015 hai esposto a Parigi al Caroussel de Louvre. «Per Parigi è stata scelta, tra le altre, una mia foto che lascia spazio a una lettura moderna pur rappresentando sempre i miei anziani. La protagonista è Angela una delle vecchine che ho maggiormente fotografato, è un ritratto intenso nella profondità dei solchi del viso, in cui Angela ha per la prima volta raccolto i lunghi capelli bianchi in un’acconciatura moderna, il capo è pieno di fermagli che fissano i capelli così come i lontani ricordi. Per me è un’immagine altamente evocativa che lascia spazio a varie interpretazioni personali».
Su cosa stai lavorando per il 2016? «Continuo il mio percorso con Life, rivisitandolo e arricchendolo, sto iniziando a sconfinare in altre regioni per poi mettere a confronto i miei anziani e le diversità antropologiche. Il sogno è un progetto Life white e uno Black».
PROGETTI
Alla fine dell’anno è stato a Parigi al Caroussel de Louvre, esponendo alcune foto che lasciano spazio a una lettura moderna pur rappresentando sempre i suoi anziani. La protagonista era Angela (102 anni, stesso soggetto della foto vincitrice del premio Insideart.eu) una delle signore anziane che ha più fotografato. È un ritratto intenso nella profondità dei solchi del viso, in cui Angela ha per la prima volta raccolto i lunghi capelli bianchi in un’acconciatura moderna, il capo è pieno di fermagli che fissano i capelli così come i lontani ricordi. Nel 2016 continuerà la ricerca di Life, rivisitandolo e arricchendolo, sconfinando anche in altre regioni per poi mettere a confronto i soggetti e le diversità antropologiche. Il sogno è un progetto Life white e uno Black. Info: www.raffaelemontepaone.it