Intervista con Eva Frapiccini

Cosa resta della memoria? Ne abbiamo parlato con Eva Frapiccini, finalista del Talent Prize 2015, che ha una certa predilezione per la narrazione e per il ricordo. Senza un prima o un dopo.

Il tuo processo creativo parte dall’idea di memoria. Quanto c’è della tua storia nelle tue opere?
«Dipende dai lavori, nella mia ultima personale Selective Memory | Selective Amnesia alla galleria Alberto Peola, mi interessava lavorare sul concetto di ricordo in generale, come si trasforma e come resiste nel tempo. In fondo parte tutto dalla necessità di costruire una fiction. Per la prima volta ho usato i miei ricordi personali, il mio archivio fotografico, per testare la teoria del neurologo Israel Rosenfield, per il quale il ricordo di una determinata emozione associa tutte le vicende che porta con sé».

Più che di memoria, il tuo lavoro parla del ricordo, un concetto più debole della memoria stessa, ma anche più forte per il fatto di poter essere modificato.
«Mi interessa la nostra innata capacità di deformare il ricordo. Anche là dove si è creata una memoria collettiva è avvenuta una ricostruzione del reale associato a un’emozione. Non esistono prima e dopo, ma solo la percezione della realtà. Questo ci offre infinite soluzioni».

Quale medium, tra fotografia e video, riesce meglio a raggiungere questo obiettivo nel tuo lavoro?
«Sono mezzi diversi, il video abbraccia il tempo, si presta al racconto, anche quando non c’è una narrazione. Mentre la fotografia è una stimolazione, un singolo frammento, è più aperto all’immaginazione di chi la osserva. Mi interessa il processo di sintesi e coordinazione tra i lavori, come essi vivono dopo, nell’occhio di chi li osserva».

Troveresti interessante pensare a un progetto relazionale direttamente con il pubblico in cui tutte queste diverse memorie si riuniscono?
«Sì, in effetti lo sperimento nel progetto itinerante Dreams Time Capsule, dove invito le persone a entrare in una struttura conchigliare per registrare un loro sogno. La memoria onirica mi affascina perché è inconsapevole, e si unisce con la capacità di creare immagini nella nostra mente. A oggi, l’archivio raccoglie 1.200 sogni in forma audio, da Stoccolma al Cairo, dalla Colombia al Bahrein, passando per importanti musei come il Castello di Rivoli e il Museo di Architettura di Stoccolma, che è co-produttore del progetto. In questo caso, il progetto con lo spettatore continua anche dopo il progetto, perché a distanza di 5 anni, la registrazione del sogno verrà inviata indietro allo spettatore per dargli una prospettiva ulteriore su se stesso e sul passaggio temporale».

Una delle fotografie della tua serie The Golden Jail è tra le opere finaliste del Talent Prize. Un’opera che ancora una volta parla di ricordo e della sua cancellazione.
«The Golden Jail nasce da due esperienze di residenza al Cairo, nella Townhouse Gallery nel 2012, e in Bahrein nello spazio Al Riwaq Art Space, nel 2014. Mi sono trovata in Egitto in un momento storico particolare, le prime elezioni democratiche egiziane dopo la trentennale dittatura di Mubarak. Ho registrato una grande voglia di cambiamento ed energia nei giovani egiziani, finalmente protagonisti nel loro paese. Mentre, in Bahrein la primavera araba era arrivata 3 anni prima del mio arrivo, ma era stata repressa brutalmente, ancora oggi Amnesty denuncia torture e dissidenti scomparsi. Ho visto i segni della censura sui muri coperti di vernice nera, i cartelli di propaganda con il volto del primo ministro e del re. In qualche modo, nella mia mente questi due paesi si toccano, tutte le storie e le persone che ho incontrato hanno alimentato una riflessione a posteriori sul concetto di resistenza del potere al cambiamento, può essere la primavera araba, ma in generale la paura del cambiamento a livello sociale. Qualsiasi potere si preserva attraverso il camouflage, il finto cambiamento, oppure attraverso la cancellazione. In entrambi i casi, si crea la sudditanza, ovvero l’incapacità di provocare un reale cambiamento».

PROGETTI
Fino al 29 novembre, alcune fotografie di Frapiccini sono state esposte nella mostra Com’è viva la città, a cura di Giacinto di Pietrantonio, a villa Olmo, Como. I lavori dell’ultima personale Selective Memory | Selective Amnesia sono stati inclusi nello stand della Galleria Alberto Peola, alla 22esima edizione di Artissima, Torino. È in fase di lavorazione la pubblicazione di un catalogo, edito da Mousse Edizioni, del premio Resò della Regione Piemonte e Fondazione Crt, che l’ha vista vincitrice nell’edizione del 2012, per il programma di residenza presso Townhouse Gallery, al Cairo. Dal 2016 al 2019, Frapiccini continuerà la sua ricerca artistica come PhD practice – led candidate in Fine Arts & Cultural Studies all’Università di Leeds in Inghilterra.

Info: www.evafrapiccini.com

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