«Come l’esercizio fisico risveglia e mantiene attivo il nostro corpo – commenta Michelangelo Pistoletto – così la mente necessita di educazione ed esercizio attraverso l’arte. Le Terme culturali saranno lo spazio in cui massaggiare e riscaldare i muscoli della creatività riattivando la propria personale dimensione creativa». A Biella da questa primavera sono in funzione le Terme Culturali, ideate a Cittadell’arte da Michelangelo Pistoletto, che qui ha concepito la sede per il Terzo Paradiso. Una nuova prospettiva che tenta di intravedere inesplorati percorsi per chi crede nel valore della creatività come motore irrinunciabile del proprio benessere. Lontano da concezioni ormai superate che vedevano l’attitudine all’arte e alla creazione come qualcosa di innato e precostituito. Nel cuore del biellese, un cuore pulsante per dare linfa e forza allo spirito di chi vi si affida, un cuore interpretato dal Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto. Siamo andati a parlare con Paolo Naldini, direttore della Fondazione Cittadellarte.
Prima di affrontare un qualsiasi argomento sulle Terme Culturali, parlaci del tuo viaggio appena concluso all’Avana, quale iniziativa di Cittadellarte è arrivata fino a Cuba?
«Siamo stati a Cuba per il 1 forum Rebirth; Rebirth significa Rinascita ed è il nome del progetto che sintetizza tutte le istanza attualmente attive a Cittadellarte, in effetti. Nasce nel 2002, quando Michelangelo idea il simbolo del Terzo Paradiso, nome e concept sul quale ci interrogammo a lungo con lui a Cittadellarte: si tratta di un simbolo che significa la congiunzione di due opposti in una terza entità prima inesistente; pensiamo alla luce che deriva dalla congiunzione equilibrata di poli elettrici contrari. Oppure alla stessa riproduzione naturale per via di sessi opposti, femminile e maschile che danno origine a un terzo soggetto. Ritroviamo questo processo in tantissimi fenomeni naturali, ma costituisce anche la formula della creazione; l’atto creativo nasce dal fatto di riuscire a uscire dalla contrapposizione conflittuale bloccante, da quella tensione che sembra o portare allo scoppio violento e distruttivo oppure a un blocco, a un incastro senza uscita; invece, attraverso la facoltà del creare (forse non solo umana, ma sicuramente anche profondamente umana, e democraticamente tale) constatiamo continuamente nella vita di tutti i giorni che, nelle circostanze di opposizione in cui ci veniamo a trovare, si riesce a dar vita a un equilibrio da cui deriva un qualcosa di inedito, legato specificatamente ai due elementi di partenza, che ne vengono assunti, ma anche superati. Da questo nucleo di pensiero, come potrai immaginare facilmente, deriva una serie enorme di attività e implicazioni e potenziali azioni per un collettivo artistico e organizzativo come Cittadellarte. Ma soprattutto deriva un principio etico, cioè di comportamento, che si pone alla base del progetto di rinascita Rebirth, valido e applicabile a tutti e in ogni ambito: dalla vita personale alle massime organizzazioni politiche come le Nazioni Unite, dalle scuole alle imprese, dai rapporti interpersonali tra culture diverse ai sistemi economici e via dicendo. Ogni ambito di attività umana è un potenziale campo di azione per il principio del Rebirth, che Pistoletto ha chiamato anche della trinamica, dove naturalmente trinamica è la dinamica del numero 3 come ho cercato di spiegarla brevemente in quello che ho detto prima.
Ma tu mi chiedevi di Cuba. Allora, a Cuba esiste un’Ambasciata del Progetto Rebirth. Ed è stata questa Ambasciata a organizzare le cose affinché ci trovassimo a fare quello che abbiamo fatto. Perché negli anni abbiamo incontrato centinaia di persone che, individualmente o attraverso una struttura organizzata, si erano attivate o sentivano l’urgenza di farlo, nel senso di una posizione etica e attiva sulle cose intorno a loro, dalla dimensione locale e oltre, fino anche, per qualcuno, a toccare quella globale. Si tratta, come sai, di una vera e propria nuova geografia, cioè di una mappa che disegna un territorio vastissimo popolato da migliaia di soggetti che praticano quotidianamente l’arte della rinascita, magari senza nemmeno conoscere ancora questo simbolo e il concept che esso significa. Ma quelli di loro che ci chiedono “Come posso collaborare al progetto Rebirth?” sono potenzialmente gli Ambasciatori del progetto stesso. Basta condividere la visione di fondo, attivarsi nel proprio territorio, cercare un luogo, realizzare reinterpretazioni personali del simbolo del Rebirth facendo degli eventi che possono essere effimeri o avere delle manifestazioni permanenti: ne sono state fatti centinaia in scuole, fabbriche dismesse, spazi pubblici urbani, spiagge, nei posti più impensabili ma anche in luoghi iconici come al Louvre o in Canal Grande, oppure noi stessi, con Michelangelo, ne realizziamo alcune; come nella sede delle Nazioni Unite a Ginevra, una scultura permanente composta da 198 pietre grossomodo cubiche di 40 cm di lato, ciascuna dedicata a uno dei Paesi aderenti all’ONU. Quindi, ogni ambasciata Rebirth inventa eventi, manifestazioni, installazioni, performance, opere e operazioni. Se ne possono vedere molte sul sito del progetto».
A Cuba il Rebirth si è concretizzato in una meravigliosa immagine nel mare antistante l’Avana, un simbolo sull’acqua, come presenza vivificatrice. In quali altri numerosi contesti è avvenuto così?
«Sì appunto, l’Ambasciata Rebirth di Cuba ha lavorato per mesi con alcune scuole e con una comunità di pescatori locali e un giorno, ma un giorno che sarebbe diventato speciale per il mondo intero, adesso ti dico perché: si sono organizzati e una settantina di barche sono uscite in mare e hanno composto il simbolo del Terzo Paradiso per alcuni minuti. Non è una cosa facile, come puoi immaginare, né da fare tecnicamente, ma soprattutto non lo è in un paese sotto embargo. Bene, che giorno era? Il 16 dicembre 2014, esattamente il giorno prima della dichiarazione di Obama e Castro sulla fine dell’embargo stesso. Una casualità che rivela una congruenza impressionante tra il lavoro che stiamo facendo e quanto accade nel mondo. Se fossimo stati in cerca di un segnale, non potevamo trovarne uno migliore Così, da quell’evento simbolico è nata l’idea del Forum. Ossia di un incontro di 3 giorni, un workshop in cui coinvolgere centinaia di persone di Cuba, il governo e le Università in primis e anche organizzazioni della società civile; abbiamo preso i nuovi 17 obbiettivi dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e li abbiamo posti nel centro di questo teatro dedicato a Samuel Beckett, in cui si è svolto il Forum: quindi, abbiamo chiesto alle persone che partecipavano come si potessero declinare a livello locale questi obbiettivi e quali pratiche si dovessero e potessero realizzare per raggiungerli. Abbiamo lavorato in gruppi e in plenaria per due giorni, guidati da un team di facilitatrici professionali che lavorano presso varie ONG e Università de L’Avana, ma abbiamo avuto con noi anche il Ministro della Cultura per una giornata e molti decisori chiave (per non parlare naturalmente dell’incontro di più di due ore che Michelangelo ha avuto con Raul Castro che ha espresso un pieno sostegno al progetto Rebirth). Insomma, al terzo giorno, abbiamo presentato le conclusioni del workshop nella forma di un programma di lavoro per un anno destinato all’Ambasciata Rebirth di Cuba e alla comunità così riunita intorno al simbolo e agli obiettivi: ognuna delle principali organizzazioni partecipanti ha ricevuto come emblema dell’impegno a continuare il lavoro insieme, ma anche ognuno nella propria sede, uno dei cubi che componevano il simbolo Rebirth ricreato durante il Forum come una piccola riedizione del simbolo collocato a Ginevra nella sede dell’ONU, e infatti, ogni cubo è dedicato a uno dei 17 obbiettivi. Ci rivedremo in primavera e sorpattutto nel Forum Rebirth 2016 previsto per novembre, che tutte quelle organizzazioni partecipanti progetteranno nel corso dell’anno insieme ad altri soggetti che andranno a individuare e coinvolgere».
Oggi, in questi giorni, il simbolo auspicabile del Terzo Paradiso sembra allontanarsi sempre più, travolti come siamo, da uno tsunami di orrore, alla cui base regnano ignoranza, onnipotenza e potere in ogni caso prodotti ‘al nero’ del mondo artificiale. Ma proprio lì, anche a livello filologico secondo Pistoletto, sta la radice arte, che è davvero in grado di salvarci?
«Sì, è come dici: alla base di ogni artificio c’è una qualità che è prettamente umana, che appunto pone l’essere umano al di là del naturale, e cioè nell’artificiale. Ed è altrettanto vero che la radice di questo fenomeno è la stessa della parola arte. È evidente che la responsabilità che di fatto si chiede all’arte è illimitata. Achille Bonito Oliva dice che Pistoletto con Cittadellarte diventa da artista individuale artista collettivo a responsabilità illimitata. Non solo lui, naturalmente. È l’arte moderna che conquista questa posizione nell’otto e novecento. Attraverso l’assoluta autonomia che rivendica e ottiene. Ora, questa autonomia da ogni altra istanza, diventa la chiave della responsabilità. Solo l’autonomia implica responsabilità e senza autonomia non si può essere veramente responsabili (basti pensare ai tentativi di giustificazione dei gerarchi nazisti o di manager o politici che affermano di aver agito come erano obbligati a fare in virtù di una non-autonomia…). L’orrore come la meraviglia ci accompagnano da quando abbiamo incominciato ad agire artificialmente. Abbiamo bisogno di un metodo per guidare il nostro potere verso una pratica etica. Il principio dell’equilibrio degli opposti per noi rappresenta esattamente questo: è un metodo difficile e ogni volta aperto a una conclusione diversa, con la sola costante di rispettare e assumere entrambi gli opposti e nessuno mortificarne o fingere che non esista. È un passaggio epocale dall’obbedire (all’autorità sovrastante come alle convenzioni e alle regole imposte) al praticare direttamente la moralità del rispetto e dell’impegno; dal potere al fare. Dalla democrazia alla demopraxia. Dalla libertà alla responsabilità. Non ci sono ricette pronte. Non abbiamo risposte che vadano bene per ogni luogo e momento. Ma abbiamo un metodo che si fonda sull’utilizzo delle qualità più profonde e meglio distribuite tra gli umani che conosciamo: quelle cioè che si mettono in gioco quando ci si trovi a confrontarsi onestamente con una cosa e con il suo opposto. Sempre cercando il suo opposto e quindi, impegnando la nostra intelligenza e sensibilità, facendo uso di quanto altri già hanno elaborato, ma anche sapendo che solo chi è immerso nelle cose può trovare quelle che potranno essere le soluzioni».
Il concetto di Terzo Paradiso fa da propulsore ad altri programmi realizzati da Michelangelo Pistoletto. Le Geografie della Trasformazione risultano una sorta di mappa cognitiva di paesi proiettati al cambiamento? Quale cambiamento per quali paesi?
«Abbiamo ideato il progetto delle Geografie della Trasformazione anni fa, intorno al 2003, perché, come accennavo prima, abbiamo constatato non solo che non ci trovavamo noi stessi nella pura utopia, ma anche che non eravamo soli in questo impegno concreto, anzi: migliaia di persone sono adesso direttamente ingaggiate in un lavoro, spesso economicamente rilevante, altrimenti in quell’ampio e importantissimo settore della gratuità che alimenta ogni cosa umana, in piccola o grande parte. Oggi, in questo archivio on line, si trovano quasi 800 realtà. Ma si tratta solo di un frammento di una rete vastissima. Realtà attive in campi diversi come l’economia, la salute, l’urbanistica, la filiera agroalimentare, l’educazione, la governance e la politica, l’ambiente. Di questa rete ci occupiamo a Cittadellarte sia cercando di promuovere un interscambio e un reciproco riconoscimento finalizzati a raggiungere un livello di organizzazione superiore fondato sulla collaborazione; sia, attivando la rete stesse come scuola; la nostra Università delle Idee, infatti, fondata nel 1999 con Cittadellarte, studia queste pratiche e invita come docenti i suoi protagonisti».
Le Terme Culturali sono l’ultima grande idea di Pistoletto o è stata concepita diverso tempo fa in un particolare momento? È l’unico e primo esperimento del genere al mondo?
«È una nostra idea nata alcuni anni fa commentando la diffusione nel mondo di luoghi in cui prendersi cura del corpo e dedicarsi al benessere inteso come generalmente lo si intende; abbiamo pensato che anche Cittadellarte è un luogo in cui ci si prende cura di sé, ma invece di raggiungere una mens sana attraverso un corpo sano, avviene il contrario: il corpo si rigenera grazie alla cura che si prende della propria mente, della cultura, della sensibilità, dell’intelligenza. Sappiamo dalle neuroscienze che il cervello è un organo plastico; così come per esempio il sollevamento pesi permette di formare circuiti neuronali centrali e periferici stabili e quindi di assumerli definitivamente nella dotazione neurologica dell’individuo, pensiamo che altrettanto (se non più profondamente ancora) avvenga con le facoltà intellettuali come la sensibilità, appunto, l’emozione e la razionalità, l’intuizione e la deduzione, l’associazione di idee, il pensiero laterale, la capacità di autoanalisi e percezione dell’altro, dello spazio eccetera. Non siamo a conoscenza di altri luoghi nel mondo in cui questa visione sia assunta come programma di fondo. E ci sembra che nessuno sia appropriato quanto Cittadellarte, un luogo creato dall’arte per la società, piuttosto che viceversa».
Normalmente ci si reca alle Terme per ritrovare benessere fisico, mentre qui si è alla ricerca di un ritrovato benessere spiritual-creativo, ritenuto qui di pari importanza al primo?
«Il principio della trinamica è attivo anche qui, naturalmente. Ma è il percorso che conta: si arriva al corpo e al benessere fisico passando da una riappropriazione e riattivazione (oppure un massaggio e un esercizio) di facoltà sottili e spirituali. Ciò che naturalmente l’arte fa come professione e pratica di vita».
Quale profilo di solito possiede il visitatore-cliente delle Terme Culturali. L’afflusso di visite ha raggiunto numeri importanti?
«Ci stiamo incamminando e stiamo facendo i primi passi su questa strada. Ad oggi abbiamo ricevuto decine di persone e gruppi che sono interessati dal concept, incuriositi e attratti. Chiediamo loro come prassi un feedback al momento della fine della loro visita o soggiorno e devo dire che si tratta di commenti entusiasmanti perché parlano di un’esperienza non solo rigenerativa ma anche trasformativa. Il profilo è il più vario: abbiamo gruppi di manager e scuole, attivisti e accademici, naturalmente per ciascuno di loro il percorso e l’esperienza sono ad hoc; abbiamo diversi mediatori che possono somministrare diversi trattamenti oppure lo stesso, ma declinato in modo diverso a seconda di chi vi partecipa».
Tra i tutti i trattamenti che le Terme Culturali offrono, ne esiste uno universale? Adatto ad ogni tipologia umana indipendentemente da sesso, età, grado di conoscenza?
«Molti sono così, come dicevo. Penso che la cosa più importante sia appunto il concetto del metodo della trinamica che permea moltissime delle attività e dei trattamenti, a cominciare naturalmente dalle opere di Pistoletto che costituiscono uno dei principali ambienti esperienziali. Mi piace ricordare tra i molti trattamenti quello della fotografia interiorista che consiste in una pratica divertente, ma sorprendente, di riattivazione di facoltà e sensibilità che tutti possediamo, ma che spesso non esercitiamo in modo che ci possano fare veramente bene nella nostra vita quotidiana. È un esercizio che si può fare da soli o in gruppo, e possono farlo scienziati come bambini, politici o sportivi, insomma: chi di noi non può trovare nella propria sensibilità la più incredibile macchina fotografica dell’universo (a quanto ci è noto oggi, naturalmente) e portarla sempre con sé, ovunque vada? Il trattamento che facciamo a Cittadellarte è solo un modo che ricordarsene, se mai ce ne fossimo dimenticati, e renderci conto del rapporto profondo e sfuggente, ma anche così presente e sensibile, tra tutto quello che ci circonda e la parte più profonda e talvolta trascurata di noi stessi».