Quando si parla di Umbria, spesso, si associa a quella terra meravigliosa un tipo di arte e cultura legata alla storia religiosa di San Francesco. Questa peculiarità, che ha fatto della regione italiana una meta prediletta per pellegrini e cultori della materia, si sta aprendo ad altri linguaggi, forte del grande richiamo e successo di manifestazioni che in quelle terre si svolgono da decenni, quali il Festival dei Due Mondi e l’Umbria Jazz. Così, oltre alla Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Città di Castello, oltre al festival Dancity di Foligno (quest’anno giunto alla sua decima edizione), anche Perugia e Città della Pieve hanno voluto aprirsi, nell’anno dell’Expo, al contemporaneo promuovendo e sollecitando esposizioni di livello internazionale adatte ad un turismo culturale qualificato, interessato e sempre più esigente.
Nel capoluogo di regione, Perugia, fino all’8 novembre è possibile visitare la mostra La percezione del futuro. La collezione Panza a Perugia; ideata da Teresa Severini e curata da Giuseppina Panza, figlia del collezionista e direttrice dell’Archivio Panza di Biumo, e da Fabio De Chirico, l’esposizione propone una selezione ragionata di opere, per la precisione novantuno la maggior parte delle quali raramente o addirittura mai esposte fino a oggi, esemplificative del collezionismo di Giuseppe Panza e di sua moglie Rosa Giovanna Magnifico che, tra il 1956 e il 2010, hanno raccolto oltre duemilacinquecento lavori firmati dai maggiori autori della scena americana ed europea del secondo Novecento: Minimal Art, Arte concettuale, Arte ambientale o Arte della Percezione, Forma vitale, Pittura Monocromatica e Neo Pop. Divisa su due sedi, per incentivare il dialogo con la ricchezza della storia e del patrimonio che Perugia vanta, la mostra accoglie nelle sale del Museo civico di Palazzo della Penna e della Galleria Nazionale dell’Umbria opere di Richard Long, Phil Sims, Dan Flavin, Ettore Spalletti, Robert Barry, Joseph Kosuth e molti altri.
Attenzione per il colore puro, i pigmenti, la riflessione e l’assorbimento della luce, e ancora l’importanza del linguaggio e della parola come elemento centrale dell’opera d’arte concettuale; le relazioni armoniche o melanconiche con la natura e il paesaggio, che può essere oggetto di contemplazione o di erosione della materia e della memoria; il rapporto con il tempo e la contemporaneità, con i suoi simboli, i suoi riti quotidiani, i suoi gesti e i suoi più piccoli oggetti. Sono questi i temi esposti, racchiusi in sale tematiche, e raccontanti con grande chiarezza e coerenza e, a Palazzo della Penna, messe in diretto contatto con l’esposizione permanente delle sei lavagne di Joseph Beuys realizzate a Perugia dall’ artista tedesco nel 1980, altra grande traccia del passato contemporaneo della città. A Città della Pieve, invece, un omaggio al Maestro Wolfgang Alexander Kossuth (Pfronten, Germania, 1947 – 2009 Città della Pieve) con l’apertura, lo scorso maggio, dello Spazio Kossuth all’interno delle rimesse del Palazzo Vescovile della cittadina, completamente ristrutturate e riaperte al pubblico dopo trent’anni di chiusura grazie alla collaborazione tra l’ Associazione Ankamò, l’ Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve e il Comune di Città della Pieve.
L’antologica Kossuth 1981 – 2009, prima esposizione pensata per lo spazio, offre fino al 31 ottobre una panoramica dell’attività artistica del maestro, mentre la programmazione delle future mostre annuali avrà come tema l’approfondimento dei singoli soggetti del suo lavoro messi in relazione con il lavoro di altri artisti contemporanei. L’esposizione comprende 78 opere, tra sculture, quadri e disegni, divise in cinque sale che esprimono, attraverso una narrazione fluida e non cronologica, quell’esigenza di approfondimento ed espressione tipica del poliedrico artista, nato come direttore d’orchestra e giunto solo in età matura all’arte figurativa. “Nelle sue opere domina l’essenza della figura umana, ossessione vitale e fonte ispiratrice di infinite possibilità espressive. Il corpo, sia maschile sia femminile, è indagato dall’artista nella sua fisicità e spiritualità, per quel che di inafferrabile e misterioso esso conserva. È l’anima che parla attraverso il corpo, da qui la scelta frequente di modelli nel campo della danza, ballerine e danzatori in un susseguirsi di movimenti del corpo ritmati e modellati su un testo musicale”. Per questa ragione troviamo immortalati con estrema raffinatezza ed eleganza illustri personaggi della musica, della letteratura e della danza, come Roberto Bolle, Milva, Alessandra Ferri, Luciana Savignano e Massimo Murru, ovvero la celebrazione della più alta e perfetta creazione del mondo: l’uomo.