Intervista con Mya Lurgo

Milano

In occasione dell’uscita del suo nuovo libro Out of the Blue. L’Immateriale di Yves Klein incontra l’Acentrismo abbiamo avuto l’occasione di fare alcune domande all’autrice e artista Mya Lurgo che ci ha guidati nel suo personale universo artistico. Mya Lurgo, nata a Bordighera il 30 maggio 1971, è operativa da oltre vent’anni in Svizzera. Interesse primario dell’artista è lo studio di testi esoterici e la traslazione in opera dei contenuti. Tale ricerca nasce ispirata all’Immateriale di Yves Klein e all’Ordine Rosacrociano, per articolarsi successivamente in una propria essenziale visione/versione racchiusa sotto il nome Acentrismo.

Definisci la tua arte con il termine acentrica, puoi introdurci al concetto di Acentrismo e spiegare come è avvenuto il processo che ti ha portata a creare arte acentrica? «L’acentrismo è nato in me negli anni novanta come esperienza spirituale e in seguito come espressione artistica strutturata in quattro fasi utili a coinvolgersi con “l’uni-versatilità” del tutto: la totale assenza di circonferenze, ruoli e condizionamenti che la vita, oltre la forma consolidata, offre. La fase I-grattage è un rituale pittorico di pulizia, che conduce a una visione luminosa la fase II-Light art. La fase III-digitale è un operare virtuale e virtuoso, una ricerca esistenziale che tende a superare la zona di comodità, le abitudini, le bolle a orologeria della percezione per tendere a una visione solidale, santa o quantomeno sana. Non si tratta di creare visioni arbitrarie, bensì permettere che affiorino dall’immateriale accolto in me. La fase IV-video installativa mira a predisporre nuovi scenari esistenziali, invitando gli eventi a com-muoversi oltre la polarità di giudizio alla quale il genere umano è assuefatto».

È azzardato affermare che nei tuoi lavori è presente una costante ricerca iconografica e simbolica, un’attenzione a quello che le immagini possono trasmettere, non solo a livello visivo – il classico ”mi piace” o ”non mi piace” – ma anche a un livello inconscio? «Esatto. La mia ricerca è impostata sulle qualità psico-fisiche che l’immagine può offrire: con specifica strumentazione, simile alla macchina Kirlian, è di fatto possibile verificare quanto un’opera può far bene o male, ossia che tipo d’impregnazione osmotica instaura con l’osservatore. Non di meno, vi è la produzione digitale – fisionomie ritrattate, definite anche Soul portrait o Abiti di san(T)ità – in pratica, fotografie a mezzo busto che elaboro su commissione. L’intervento diretto sulla figura, d’ispirazione sciamanica e in stato di meditazione, implica l’innesto di simboli e parole che cre-attivano potenziali latenti, rendendoli visibili e fruibili all’osservatore che ricevendo un’immagine di sé del tutto amplificata rispetto alla visione tratta dallo specchio, può sollecitare la sua mente cosciente e non, alla probabilità di adattarvisi, accogliendo il propositivo rituale vodu in azione. Questa disponibilità instaura la profezia del divenire».

Il tuo lavoro acentrico, come prima accennavi, si articola in quattro fasi non soggette a linearità temporale, che sfociano in un nuovo capitolo libero dall’influenza di Yves Klein e perciò intitolato Out of the Blue. Vuoi parlarcene? «L’esperienza Out of the Blue nasce ispirata all’Immateriale di Yves Klein e sfocia nella volontà di partecipare attivamente al progetto cosmico di evoluzione dell’umanità, anche creando opere di arte sacra fuori dal contesto cattolico tradizionale, per offrire visioni più estese. Proprio a tal proposito è in uscita il tuo secondo libro Out of the Blue. L’Immateriale di Yves Klein incontra l’Acentrismo. In questo libro sono anche presentate in anteprima delle opere inedite sulle quali stai lavorando ora».

Ci vuoi anticipare qualche cosa? «Ho iniziato varie serie di lavori sul tema angeli, geometria sacra, ciclo di rinascita… La produzione in corso è graduale e dipende dal grado di ricettività che riesco a instaurare. L’arte acentrica necessita di svuotare il contenuto personale – egocentrico/egoistico/egotistico – per farsi veicolo di vibrazioni superiori e questo richiede sani principi, pratica al servizio altruistico, devozione… Tutti stimoli che il quotidiano vivere non incentiva. Il lavoro continuo non è lo sviluppo dell’opera in sé, bensì il predisporsi a implementare l’intento creativo con il quid energetico che verticalmente discende e anima. La mia arte non è disgiunta dal pregare, di fatto, è un’orazione e un’offerta all’immateriale e come tale, ha da essere depurata da problematiche mosse dalla circonferenza egoica: la mente che mente continuamente».

Per chiudere con una domanda rivolta al futuro, ho visto che i tuoi ultimi lavori della serie Out of the Blue sono intitolati Network. Puoi spiegarci di cosa si tratta e che sviluppi avranno? «La connessione con il popolo virtuale mi affascina. Condividere e immettere in rete progetti con l’auspicio che nel tempo diventino virali altrettanto. Non c’è guadagno economico in questo, va detto e probabilmente non vi sono gallerie interessate a questo tipo di arte, ma reputo che l’artista possa permettersi, oggi più di ieri, di veicolare buone intenzioni. Da sempre un’immagine vale più di mille parole… motivo per il quale, ”converto” immagini horror che per terrorismo vengono riversate in vari contesti mediatici e non, Facebook in prima linea. Non ho la pretesa o l’illusione di cambiare il mondo, perché è un habitat utile così com’è, ma posso certamente modificare la mia e altrui percezione rispetto a certe immaginAzioni, suscitate da chi trae vantaggio dalle incontrollate paure collettive. Quel che mi preme è ridurre il pathos sociale, affinché forme-pensiero negative/eggregore diventino neutrali e non gravitino sulla comunità attraendo e nutrendo, nel ventaglio di probabilità, quelle con impatto più deleterio. Su questa scia nascono le Profezie del divenire, ThankUturn e imago®evolution conVocazione per artisti: imagorevolution.info».

Acentric atelier, piazza San Rocco, Cademario, Svizzera
Info: http://myalurgo.ch