«Togliamoci subito un peso: sì, Antonio, il personaggio dal cui punto di vista è raccontata la storia sono io. O almeno, è un aspetto della mia persona. I personaggi, per quanto romanzati e con i nomi cambiati, sono tutti reali. Ho scelto di raccontare principalmente le loro storie dal punto di vista umano». Scrive così Antonio Recupero nell’introduzione del romanzo a fumetti in bianco e nero Opg, socialmente pericolosi (Round robin, 128 pagine, 15 euro) che lo sceneggiatore siciliano, classe 1977, ha realizzato insieme al disegnatore Jacopo Vecchio. L’acronimo presente nel titolo è quello di ospedale psichiatrico giudiziario, anche se per il venticinquenne Antonio quell’edificio fortificato nella prima periferia della sua città è sempre stato, solo e soltanto, il manicomio. Quando, per il suo servizio civile prestato presso un circolo Arci, il giovane viene assegnato alle attività di “risocializzazione” per alcuni internati – «come imparai presto, questo termine non voleva dire che avrebbero ottenuto a breve la libertà», prosegue l’autore – si ritrova faccia a faccia con una realtà che prima non osava neppure immaginare («cosa? E io da solo come faccio? Non ho mai avuto a che fare con i malati di mente»).
La scoperta di quello che avviene dentro quelle mura, le esistenze delle persone con le quali avrà a che fare, uomini che dentro quell’edificio passano la maggior parte del tempo – «se tu oggi gli compri le sigarette, si sentirà autorizzato a chiederti soldi per qualsiasi cosa. E se glieli neghi, farai la figura della persona cattiva, perché tu sei quello libero, che può comprarsi ciò che vuole», gli viene spiegato – congiuntamente alla scoperta di tutte le tensioni e i conflitti che gli si muovono intorno («mi raccomando, non servire questi disgraziati se prima non gli vedi i soldi in mano»), porterà il protagonista a mutare la sua paura iniziale in una consapevolezza necessaria. Ma non necessariamente piacevole. Spiega Vecchio: «Quando Antonio mi ha spiegato il progetto ed ho iniziato a disegnarlo, ho dovuto immergermi nel mondo degli internati». Dal punto di vista tecnico il disegnatore, non potendo fare affidamento su una vera e propria descrizione fisica, si è concentrato sulla recitazione e sulla postura degli internati, approdando a una tecnica mista. «La tavola di base è realizzata a matita, tenendola abbastanza definita, ma lasciando volontariamente qualche sporcatura e tratti “sbagliati” visibili, mentre i mezzitoni sono stati aggiunti in digitale», precisa. Il risultato? Una graphic novel che, dal punto di vista visivo, non lascia margini di distrazioni. Come rimarca Recupero, «spero che la vostra lettura sia piacevole ma, ogni tanto, anche un po’ tormentata».
Info: www.roundrobineditrice.it