L’Albero delle luci

Un intervento architettonico e scultoreo trasforma e dà nuova vita a un cedro storico della città di Carugate diventando elemento rappresentativo della collettività. La fine del ciclo naturale di vita dell’albero della piazza del Municipio diventa occasione per realizzare un progetto di riqualificazione urbana tra design, scultura e architettura, dove la luce è elemento simbolico di una nuova esistenza per la storia della cittadinanza. Oggi l’Albero delle luci compie 15 anni ed è oggetto di un restyling presentato al pubblico il 4 luglio. Ne abbiamo parlato con l’autore del progetto, l’architetto ed artista Claudio Onorato.

Come e quando è nato il progetto dell’Albero delle luci?
«Nel 1999 i cittadini di Carugate, in primis il sindaco Carlo Zorloni, erano rimasti scioccati dalla morte di uno splendido cedro del Libano, alto 25 metri e vecchio di 180 anni, avvenuta durante i lavori di ristrutturazione della settecentesca Villa Cavazzi della Somaglia, sede del Comune di Carugate, nel cui giardino l’albero era stato piantato ai tempi dell’unificazione d’Italia: diverse generazioni, passeggiando sotto l’ampia chioma, si sono affezionate all’albero. L’intervento sul cedro monumentale di Carugate è stata un’occasione unica per ridare vita ad un elemento del paesaggio che connotava l’identità urbana della città».

Il valore urbano dell’opera è indubbio. Esistono in Italia altri casi progettati su un’idea di trasformazione dell’elemento naturale in intervento urbano?
«Si tratta sicuramente di un caso unico in Italia e nel mondo. Si annoverano, comunque, diversi casi in cui artisti hanno lavorato su elementi naturali: si pensi al progetto di Arte Sella, ad alcuni lavori dell’arte povera, all’opera di Emile Brzezinnski o di David Nash. In tutte queste realizzazioni il tempo di vita dell’opera è effimero, si parla di giorni, mesi o qualche anno: un ciclo temporale, più o meno breve, in cui la natura fin da subito incomincia a prendere il sopravvento, in modo tale che l’opera possa perdere la propria forma originale, trasformandosi, a volte, in qualcosa di meraviglioso.
L’albero delle luci è effettivamente un’installazione antesignana di quella che diventerà, negli anni a seguire, un’iniziativa intrapresa da molti Comuni, soprattutto a livello internazionale, per conservare la memoria collettiva in progetti che trovano un riconoscimento nell’architettura. L’albero del cedro, nel caso specifico, ha una forte valenza storica: la sua presenza nei giardini italiani rappresenta infatti quel preciso periodo botanico in cui tali esemplari venivano inseriti come elementi esotici nei giardini delle ville patrizie (oggi sedi di Municipi). Il cedro, inoltre, è un albero oggetto di tutela in tutta Europa. Per curiosità, esistono siti web in cui vengono riportate tutte le realtà europee e internazionali di alberi tutelati.

In che misura si è espressa la tua libertà artistica e quanto hanno influito invece le ragioni geologico-strutturali sulla progettazione del disegno?
«Ho tolto al cedro il minimo indispensabile, affinché la sua unicità non venisse meno: i tre tronchi principali e i nove rami secondari sono stati tagliati a mezza altezza, in modo da poter ospitare al loro interno i corpi illuminanti e le scatole di derivazione. Un progetto così concepito, inserito in uno spazio pubblico e di grande passaggio, necessitava di molte attenzioni in fatto di sicurezza. È stato necessario confrontarsi con professionisti e specialisti in ogni campo: ingegneri, architetti, geologi, illuminotecnici, agronomi, restauratori navali, chimici, fisici, ebanisti, operatori che lavorano con la tecnica del tree climbing. La seduta circolare, posizionata alla base dell’albero, oltre ad avere una funzione statica è indispensabile per il drenaggio dell’acqua piovana: natura e tecnologia armoniosamente convivono».

Puoi raccontarci le fasi salienti e le tecniche utilizzate per definire l’intervento di recupero?
«La pianta è stata tagliata alla base e, successivamente, sdraiata in modo da poterla scortecciare e trattare a più mani con resine antibatteriche. Le radici sono state sostituite da una fondazione in cemento armato. Il cedro è stato, poi, riposto con una gru nell’area originaria. Una volta montate le impalcature intorno all’albero sono state realizzate nel punto di taglio le dime delle dodici branche e completati i disegni esecutivi delle luci e dei corpi aggiunti in metacrilato. I tre tronchi principali e i nove rami secondari, incisi per poter ospitare le scatole di derivazione e i cavi dell’elettricità, sono stati rivestiti con listelli di legno di cedro, ricavati dalla stessa radice dell’albero, parte questa più resistente. Gli apparecchi di illuminazione sono stati, da ultimo, suddivisi a gruppo di tre nei tronchi principali e, singolarmente, in quelli secondari. Questo sistema di illuminazione, fornito in origine dalla ditta Artemide e collegato a un ripetitore con temporizzatore, permetteva di combinare all’infinito i tre colori principali della scala cromatica. I corpi in metacrilato, costruiti su modello del ramo in modo da conferire più slancio agli stessi e concluderli, sono stati infine posizionati grazie a dodici ghiere d’acciaio costruite su misura».

Il 4 luglio si presenta al pubblico il restyling dell’albero. In cosa consiste l’intervento e chi parteciperà all’inaugurazione?
«Il restauro dell’albero è stato realizzato con la tecnica del Kintsugi, pratica giapponese che consiste nell’utilizzo di oro liquido per la riparazione di oggetti in ceramica, usando il metallo per saldarne assieme i frammenti. La pratica nasce dall’idea che da una ferita possa nascere una forma nuova di perfezione estetica. Nel caso specifico sono state rivestite di foglia d’oro tutte le ghiere metalliche, completamente arrugginite, e le parti del tronco o delle branche ammalorate nel tempo: questo procedimento sottolinea come l’intervento sia sensibile all’equilibrio di esigenze di ordine funzionale, estetico e filosofico. L’impianto di illuminazione originario, concepito con luci ad alto consumo, è stato inoltre radicalmente sostituito con luci led Fosilum policrome, in modo da ottenere un incomparabile risparmio energetico, abbattendo i costi di manutenzione (la durata media stimata è di 80.000 ore). L’intervento è avvenuto contestualmente con la politica di rinnovamento promossa da molti i comuni, tra cui Milano, volta a modificare l’illuminazione pubblica a favore del led. Alla serata di inaugurazione saranno presenti, oltre al sottoscritto, lo scrittore Edgardo Franzosini, il curatore d’arte Stefano Valera e Corrado Sinigaglia, per intavolare un discorso tra arte, fliosofia ed architettura».

L’albero è diventato un vero e proprio monumento a Carugate, differentemente dall’albero della vita, simbolo di Expo 2015, opera discussa per l’impatto estetico e strutturalmente effimera. Qual è la tua opinione, da architetto, rispetto a questa possibile eredità di Expo alla città di Milano? Concludendo, quali credi siano le ragioni di una mancata sensibilità da parte delle amministrazioni locali per un piano di progettazione degli arredi urbani serio e lungimirante?
«Sorrido pensando all’Albero della vita, realizzato per Expo 2015 ben 15 anni dopo il mio intervento: enorme dispendio di mezzi e di costi, corsa contro il tempo per il suo completamento. Trovo difficile l’inserimento dell’Albero della vita, proprio per la sua connotazione spettacolare, in un contesto che non sia una fiera. L’Albero delle luci ha un valore diametralmente opposto: è un’opera nata per ricucire una ferita, il rischio di una grave perdita per la storia della città, e pensata per riportare vita dove questa veniva a mancare attraverso l’uso simbolico della luce. L’Albero delle luci vive nel tempo, è un lavoro sperimentale che necessita di manutenzione e aggiornamenti periodici. Oggi vediamo tante opere fin troppo sofisticate, che scioccano e abbagliano, ma che, spesso, non fanno pensare. L’arte, quando appartiene realmente al territorio, deve essere fatta di tempo, leggerezza e armonia».
Dal 4 luglio alle 22.00, ai giardini comunali di Villa Cavazzi della Somaglia, Via XX Settembre 2-4, Carugate (MI)