Tre giovani registi a Cannes

Sono tre gli studenti Rufa selezionati allo Short film corner, sezione dedicata ai cortometraggi nell’ambito del Festival di Cannes, giunto alla sua 68esima edizione e in programma fino al 25 maggio 2015. Christian Filippi, Mohamed Hossameldin e Mario Russo hanno in comune molto di più della semplice passione per il cinema e delle loro scelte di studio, sono prima di tutto amici e colleghi: «Ci siamo conosciuti in accademia e poi abbiamo iniziato a lavorare insieme – spiega il più grande di loro, Mohamed, che da un anno ha completato i suoi studi alla Rufa – I cortometraggi che abbiamo presentato a Cannes sono frutto del nostro lavoro individuale anche se ognuno di noi ha avuto un ruolo nel cortometraggio dell’altro». Una vittoria collettiva, quindi, oltre che personale, che arriva un po’ inaspettatamente, un po’ legittimamente, come la meritata ricompensa dopo anni di studio e perseveranza. «Ho avuto la fortuna di incontrare Daniele Ciprì – spiega Mohamed – sono andato a trovarlo a Cinecittà e lui ha accettato di occuparsi della fotografia».Tre cortometraggi diversi ma di uguale incisività visiva che dimostrano come il giovane panorama creativo italiano ci riservi ancora molte sorprese. Nonostante le differenze stilistiche che li caratterizzano, si potrebbe tuttavia tracciare un elemento comune di ricerca in questi tre giovani registi, la particolare sensibilità verso le tematiche di attualità. Se Sticla di Mario Russo affronta in modo duro la questione dell’immigrazione, raccontando la storia di un uomo rumeno venuto in Italia per cercare fortuna, seguendo la falsa speranza di trovare il benessere, Sotto Terra di Mohamed Hossameldin, più introspettivo, segue silenziosamente i passi di un ragazzo che gestisce un garage notturno, tra solitudine e isolamento. Marciapiede di Christian Filippi, infine, tocca il tema della prostituzione, raccontando le vicende di una donna sulla cinquantina, che, non riuscendo più a lavorare, cerca di tirare avanti, attraverso le difficoltà quotidiane. Tre spaccati sulla società che non lasciano molto spazio a visioni ottimistiche ma che riescono in pochi minuti a entrare in profondità e a dare un punto di vista sulla realtà del nostro paese. Al momento, i tre sono a Cannes e ci hanno raccontato come sono arrivati a segnare questo traguardo.

Com’è nata la tua passione per il cinema?
C.F: «Già dai 14 anni mi piaceva molto andare al cinema o guardare i film a casa. La mia passione, poi, è cresciuta sempre di più, grazie anche ai professori che mi hanno trasmesso un grande amore verso questa disciplina».
M.H: «Ho iniziato come operatore per poi capire che il mio vero bisogno era quello di raccontare i miei pensieri e trasmetterli attraverso le immagini, per far riflettere me e gli altri. Questo è anche il mio sogno più grande».
M.R: «A 8 anni, dopo aver visto il film Contact di Robert Zemeckis, ho iniziato a fantasticare sul fatto di poter dirigere io, un giorno, un film del genere. Facevo fotografie a tutto quello che mi capitava. È così che inventare storie e riportare la realtà su schermo è diventato il mio sogno».

Ci sono dei registi che hanno segnato il tuo percorso artistico e formativo?
C.F: «I miei punti di riferimento sono sicuramente i fratelli Dardenne, ma anche Pasolini, Rosi o Herzog, per il loro rapporto con la realtà e la verità. Un altro regista che mi ha segnato particolarmente è Tarkovskij, che mi ha fatto riflettere sul concetto di tempo. Marciapiede, infatti, è l’unione tra realtà e tempo».
M.H: «Il cinema è un mondo vasto e infinito, pieno di grandi registi, ognuno a suo modo. Difficile citare solo due o tre nomi. Sicuramente, quelli che più si avvicinano a me: Ingmar Bergman, Steve McQueen, Kim Ki-Duk, Michael Haneke».
M.R: «I film di Zemeckis hanno segnato il mio percorso artistico, a cominciare da Forrest Gump. Il docu-film Koyaanisqatsi, poi, ha condizionato il mio percorso, facendomi dare la priorità alle immagini sui dialoghi. Mi ha accompagnato anche negli ultimi anni Christopher Nolan e Michael Mann».

Il tuo cortometraggio è stato selezionato allo Short film corner di Cannes. Cosa rappresenta per te questo successo?
C.F: «E’ sicuramente un bel traguardo e una soddisfazione. Sono cosciente comunque che sia solo un piccolo gradino di una lunghissima scala».
M.H: «Non riesco ancora a viverlo come un successo, ma più come l’inizio di un lungo percorso. È una grande soddisfazione, una conferma per il lavoro e la fatica di tutti questi anni e un incoraggiamento per andare avanti e dare sempre di più».
M.R: «Rappresenta tantissimo, non solo per me ma anche per tutti quelli che hanno creduto in me e in questo progetto. Questo successo è merito di tutti, dal primo all’ultimo».

Tre cortometraggi radicati nel sociale che lasciano poco spazio a visioni ottimistiche.
C.F: «Marciapiede nasce da un lavoro di documentazione in strada. Credo fortemente nell’importanza che il cinema possa e debba avere all’interno della società, facendo emergere le problematiche che ci circondano. In realtà, un segnale di speranza c’è: la protagonista con grande dignità alla fine si rialza da terra».
M.H: «Io non mi sento di poter dare una risposta, che sia ottimistica o pessimistica. Il cinema che sogno di fare deve solo porci un problema: è uno specchio che riflette le difficoltà e lo fa nel dettaglio, senza scrupoli o paura, per poi lasciare la risposta all’interno dello spettatore».
M.R: «Saviano era già un eccelso scrittore sin da adolescente, ma i suoi racconti non piacevano. Il suo editore lo spinse a guardare fuori dalla finestra, così nacque Gomorra. Spinto dal mio professore, Giovannesi, ho fatto in piccolissima parte la stessa cosa di Saviano».

Che ruolo ha avuto l’Accademia nella realizzazione del lavoro?
C.F: «È stato fondamentale, altrimenti non avrei mai potuto girare Marciapiede. L’accademia offre l’occasione di ampliare le proprie vedute ed interagire con tante discipline. Spero di poter continuare a collaborare con Rufa anche una volta finito il mio percorso di studi».
M.H: «Prima di tutto l’Accademia in questi tre anni mi ha aiutato mettendo a disposizione docenti preparati che ci hanno seguito nella nostra crescita artistica. In più, in questo cortometraggio, è produttore associato insieme a me».
M.R: «L’idea del corto è cresciuta tra quelle pareti, dal confronto con i compagni e soprattutto grazie all’aiuto di Giovannesi. Quest’ultimo è stato presente in tutte le fasi della realizzazione è da lui ho ricevuto consigli molto utili anche in fase di regia e impostazione».

Pensi che l’esperienza di questo corto ti possa aprire nuove porte?
C.F: «Spero che la vita di Marciapiede continui anche dopo Cannes in altri festival e nuovi circuiti. Comunque, al di là di come andranno le cose, continuerò sempre a scrivere e a credere in storie come questa».
M.H: «Sicuramente la prima porta è stata lavorare con un grande artista come Daniele Ciprì, a cui devo molto. Ora sono concentrato sul mio prossimo progetto, e sicuramente Cannes sarà un bel trampolino di lancio per il futuro».
M.R: «Spero di sì, anche per tutti quelli che hanno creduto e credono ancora in me e che mi danno la possibilità di continuare a crescere e di fare sempre meglio».

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