Jan Durina, incubi erotici

Intervista a Jan Durina, artista autodidatta slovacco classe ’88 che trasforma sogni e incubi personali in immagini erotiche.

La natura è ciò che maggiormente influenza le tue atmosfere: cupa o vitale, prolifica o inquietante, è teatro di sogni e incubi. La Slovacchia, luogo in sei cresciuto, è centrale nella tua poesia erotica. Sei andato a vivere a Berlino e stai lavorando alla prossima mostra: questo cambiamento di vita corrisponde anche ad  un cambiamento nella tua produzione?

«La natura è sempre stata cruciale, per me. Unita alla mia famiglia, la natura è stata l’unica cosa che mi ha trattenuto dal lasciare la Slovacchia, fino all’anno scorso. Sì, a Settembre ho terminato gli studi e ora vivo a Berlino, era tempo di provare a cambiare e volevo fuggire, se avessi potuto mi sarei trasferito prima.Credo che Berlino mi stia influenzando in molte direzioni ma allo stesso tempo  rimango la stessa persona, mi piacciono le stesse cose. Staremo a vedere».

Il nudo è una chiave per rivelare la tua interiorità, negli scatti includi anche pochi elementi simbolici (abiti nero corvino o veli da sposa). Dove ha origine l’impulso a creare queste composizioni?

«Dipende. Sono sempre stato molto attratto dalle fate e dalle ninfe, ad esempio, mentre lavoravo alla serie a cui ti riferisci facevo molti incubi e quelle creature erano parte degli incubi».

La sessualità nelle tue fotografie trova un forte legame con il dolore, spesso le atmosfere si fanno cupe per portare a galla la parte più profonda della tua interiorità tormentata. 

«Sì, infatti la mia sessualità attinge spesso al mio lato oscuro».

Sei un autodidatta, quando hai scelto la fotografia e chi ti ha influenzato maggiormente?

«Come fotografo sono un autodidatta ma studio arte da sempre. Quindi sono molte le persone che hanno influenzato il mio modo di pensare e le mie creazioni. Ho scelto la fotografia perché era il modo più semplice e veloce per raccontare storie e allo stesso tempo, per creare qualcosa di infinitamente vero. Mia madre è stata l’ispirazione più grande, tutte le madri».

Chi è Henry (un nome che si legge spesso nei titoli delle tue fotografie e a cui alcuni scatti sono dedicati)?

«Una delle anime più geniali che siano mai nate, Mr Henry Darger. Non riesco a trovare parole sufficienti a descrivere quello che sento per lui: è oltre. Mi sento totalmente connesso con il suo lavoro. Ho scoperto la sua opera solo pochi anni fa ma è come se mi avesse influenzato da sempre nel subconscio».

Da cosa scappano le tue principesse nude?

«Da molte cose, principalmente dai demoni interiori, i più difficili da allontanare».

Il tuo è un erotismo poetico sia nel nudo femminile che in quello maschile.

«Spero proprio di sì! Le fotografie che sto scattando in questo periodo sono particolarmente intime ed erotiche. Sto facendo molti studi sul corpo e sull’anima, visivamente sono molto affascinato dalla figura maschile al momento».

Chi sono le persone che posano per te e cos’è uno studio sull’anima?

«La maggior parte delle persone con cui lavoro sono amici stretti o familiari. Ci piace moltissimo lavorare insieme, ci capiamo al volo e abbiamo un ottimo feeling tra di noi. Sono fortunato perché mi sento circondato da persone intelligenti e amabili. Ho sempre invitato, trascinato persone nel mio mondo immaginario, per parlare di me stesso attraverso di loro. Erano la mia voce e il mio mezzo di espressione. Ospiti nel mio mondo. Ora sento di voler fare l’opposto, lascio che siano gli altri ad invitarmi nel loro, a guidarmi, io li osservo cercando di coglierne attentamente l’unicità. Quello è uno studio sull’anima».

Cosa pensi delle mille sfaccettature della fotografia di nudo?

«Sinceramente non vedo di buon occhio la maggior parte degli artisti contemporanei che lavorano con il nudo, spesso la loro relazione con il corpo mi sembra irrispettosa. Non è piacevole accorgersi che spesso, chi fa arte pensa che spogliarsi sia un’azione sufficiente a creare un’opera. Il lavoro con il nudo per me è qualcosa di profondo, fragile e delicato».

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