Un amore asimmetrico

La continuità di una mostra collettiva si misura attraverso la facilità con la quale si riesce a passare da una sala espositiva all’altra, da un artista all’altro, senza mai perdere concentrazione e volontà. Alla Galleria Bianconi di Milano la concentrazione non si perde, anzi la si acquista. Gradualmente, lavoro dopo lavoro, gradino dopo gradino, si comprendere il fil rouge che unisce l’intera esposizione. Il curatore Andrea Bruciati, classe 1968, continua la sua indagine, come nel 2014 alla Fondazione Bevilacqua La Masa, sulla pittura contemporanea. Allestisce una mostra dove la scelta curatoriale sembra fondersi in armonia con i progetti e i pensieri degli artisti. Sei ricerche artistiche, tutte affermate e mature, capaci di coesistere ma allo stesso tempo di stabilire le giuste distanze tra loro con semplici e chiare dichiarazioni d’intenti. Due le parole che, declinate in varie forme, abbracciano tutte le opere presenti: tradizione e supporto. Paola Angelini (San Benedetto del Tronto, 1983) con il suo Drawing of St.George sintetizza la sua ricerca, una ricerca fatta di emozioni e riletture della classicità. Un’artista attenta e meticolosa, che passerebbe ore (come ha già fatto con l’opera di Tiziano alle Gallerie dell’Accademia) alla ricerca di un’essenza pura e vitale, la stessa che, traslitterata, viene offerta al visitatore di fronte al suo S.Giorgio. Francesco De Grandi (Palermo, 1968) affianca egregiamente la sua compagna di stanza. Si presenta, incantato e sopraffatto, con le sue atmosfere romantico-bucoliche immortalate sulla tela. I suoi panorami riescono a trasmettere la potenza immersiva che li ha resi interessanti all’occhio del loro pittore. Una eco lontana è quella delle foreste di Fontainebleau.

Francesco Lauretta (Ispica, 1964) è la tradizione. La sua indagine sul folklore non si ferma in superficie. Scandaglia e ispeziona i nostri miti e le nostre radici culturali. Tra il grottesco e l’assurdo, la sua ricerca, dai toni michettiani, viene sorretta da un muro di cemento e mattoni, un muro semplice, ma solido come le basi sulle quali si erge la nostra cultura popolare fatta spesso di riti e mistificazioni. Luigi Presicce (Porto Cesareo, 1976) è l’anello di congiunzione della mostra. Una ricerca divertita e divertente la sua, che scandaglia, con il classico misticismo, le nostre memorie accartocciate, le nostre paure impercettibili e le nostre tradizioni più salde (e non parlo dei santi, ma dei lavori di ricamo). Le tradizioni nostrane lette in chiave esotica, ma più spesso esoterica. A conferire ulteriore potenza alla striscia presicciana è decisamente l’allestimento. Un angolo vivo ad aprire le danze, un continuum di associazioni che proseguono pindariche sul lungo muro della galleria. Il supporto funge da medium, conferendo, senza dubbio, più incisività all’intervento dell’artista pugliese. Matteo Fato (Pescara, 1979) rappresenta, invece, il supporto. Una pittura la sua, che s’esprime al meglio solo attraverso lo sconfinamento nella terza dimensione. Non accetta compromessi, arriva a prendere per mano l’osservatore e lo porta con sé in uno studio fatto di colori, pigmenti, accostamenti e forme singolari. Matteo Fato sa giocare con i suoi mezzi e non ha vergogna nel farlo. Contemporaneo più che mai. Luigi Massari (Bari, 1978) trasmette la stessa emozione energica che si sforza di racchiudere nei suoi lavori. Troppo piccole, a volte, le sue cornici per contenere ogni sensazione e sfumatura. Si percepisce chiaramente il mondo interiore che avvolge e affascina l’artista ed è facile perdersi nei pigmenti di colore che, dalla sua piccola isola/montagna, contagiano lo spazio circostante, non fermandosi neppure davanti alla cornice. Massari non delude neanche nei suoi disegni.

Fino al 30 aprile 2015, Un amore asimmetrico, Galleria Bianconi, Milano; info: www.galleriabianconi.com

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