Il caso di Charles Dexter Ward

«Scritto tra il 1927 e il 1928, Il caso di Charles Dexter Ward è uno dei racconti più ambiziosi di Howard Phillips Lovecraft. Il racconto è rimasto inedito fino al 1941, quando fu pubblicato su Weird tales in versione ridotta. Per la versione integrale si dovette attendere il 1943. Da allora viene considerata in assoluto una delle più riuscite narrazioni che mettono insieme horror e letteratura fantastica». Inizia così la prefazione dell’adattamento a fumetti, illustrato da Culbard, di Il caso di Charles Dexter Ward, edito in Italia da Magic press. Il volume a colori (144 pagine, 15 euro) guida il lettore all’interno di un percorso immaginifico stimolante e avvincente, che troverà adepti – immaginiamo – soprattutto tra gli amanti del macabro. Siamo a Providence, Rhode island, nel 1928. Da una clinica psichiatrica privata scappa uno dei pazienti. La sua misteriosa fuga lascia le autorità disorientate («una finestra aperta su un precipizio di oltre venti metri, senza alcuna via di accesso al tetto. Abbiamo battuto i dintorni senza trovare traccia. È come se si fosse dissolto nell’aria»). L’ultima persona che il paziente ha incontrato è il dottor Marinus Bicknell Willett, medico di famiglia («siete stato l’ultimo a vederlo prima della fuga, e ora che è scomparso sembrate chissà come sollevato»); ed è sempre lui che, in qualche maniera, ha in pugno la soluzione al mistero rappresentato da questo enigma («conosco Charles da quando è nato. Ma ora non lo riconosco più»).

Indagini storiche e rivelazioni da brivido, profanazioni cimiteriali («c’è stato un errore, le lapidi sono state scambiate») e attacchi maligni. Come nel caso della stessa Rhode island, «che sembra preda di un’ondata di vampirismo. Sono stati assaliti viandanti ancora in giro a tarda notte e chi si era addormentato con la finestra aperta. Le vittime sopravvissute concordano nel riferire che l’assalitore è un mostro magro, agile, scattante che affonda i denti in gola o vicino alla spalla e succhia avidamente il sangue delle vittime». In questo caso più che mai la narrazione costituisce un rilevante contributo alla mitologia dell’autore statunitense – riconosciuto tra i maggiori scrittori di letteratura horror insieme ad Edgar Allan Poe, viene considerato da molti uno dei precursori della fantascienza angloamericana – riprendendo temi cari a Lovercraft come la malattia mentale e i saperi proibiti. Ma l’orrore sviscerato dall’autore di Providence (dove morì il 15 marzo 1937, ad appena 47 anni, di tumore all’intestino) si basa soprattutto sul detto e non detto, sull’allusione più che sulla descrizione esplicita («ci saranno senza dubbio degli elementi odiosi che è assai probabile ci si presenteranno da qui in poi»). Ed i brividi, inevitabilmente, corrono sulla schiena. Info: b2c.magicpressedizioni.it

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