Kaikkonen alla z2O

«Il grande potere delle opere di Kaarina Kaikkonen risiede nel loro valore antropologico, nel saper raccontare storie, lasciarsi leggere senza l’aiuto di didascalie, poiché i personaggi e le geografie composte dall’artista sono paesaggi di persone con le loro geografie interiori». Sara Zanin, la gallerista di z2O gallery definisce così il lavoro dell’artista finlandese che ha inaugurato ieri la sua terza personale negli spazi della galleria. Classe 1952, Kaarina ha partecipato alle maggiori manifestazioni artistiche mondiali, dalla Biennale del Cairo, a quella di Liverpool e Vancouver.

Le tele della Kaikkonen sono abiti intrisi di storie, simulacri di esperienze individuali e collettive, donati dalle persone o acquistati nei mercatini del mondo per creare opere site specific di grande impatto emotivo. L’utilizzo di vecchie giacche e camicie da uomo in particolare ha un significato biografico: «Mio padre morì quando ero piccola – ci dice – e dopo la sua morte ho iniziato a indossare i suoi abiti per sentire le sue braccia intorno a me; lui e mia madre rivivono insieme a tutte le persone che costituiscono l’umanità unita delle mie installazioni». Land artist e collezionista di storie, dunque. Kaarina ha in comune con i rappresentanti del movimento nato in America negli anni ‘70, come Christo e Richard Long, la volontà di entrare in sintonia con l’ambiente circostante, l’ attenzione per la natura e l’utilizzo di materie prime semplici. «All’inizio del mio percorso artistico non volevo muri intorno – afferma – volevo essere libera e permettere alle persone di far parte delle mie installazioni». La libertà è partecipazione, citando Gaber, un principio fondamentale per Kaarina che confessa di desiderare che la sua arte arrivi a tutti, anche alle persone comuni e ai poveri che non frequentano le gallerie e i musei.

Il rapporto di Kaikkonen con la z2o Sara Zanin Gallery è consolidato. Questa volta, l’artista ha scelto le tonalità tenui del bianco, grigio, azzurro per creare atmosfere rarefatte di sogni in cui si rivede bambina. Rispetto ai suo lavori più noti, la mostra ha un carattere più intimista e riflessivo: «il silenzio della galleria – ci dice – mi induce a riflettere su me stessa, mentre all’aperto l’opera è una festa con tante persone e assistenti». L’esposizione è un inno all’infanzia e ai ricordi, percorsa da bambine che grazie ai vestiti inamidati prendono vita. «Sono quelle bambine – afferma. In questo periodo i miei ricordi infantili riaffiorano». I met a black fairy, Butterfly, You left me alone sono presenze simboliche e tridimensionali, sospese a un filo o fissate in alto come se volassero, che ispirano fantasia, gioco, malinconia ma anche senso di vuoto. E Emptiness è l’opera site specific realizzata per la parete più grande della galleria, una cascata di giacche da uomo che invade lo spazio. «La natura entra con la sua forza – afferma l’artista – per ricordare la sua grandezza rispetto alla caducità e fragilità della vita umana».

I titoli sono poetici e conferiscono alle opere una profondità letteraria che ricorda i Versi livornesi di Caproni dedicati alla madre Annina, in cui il ricordo degli abiti da lei indossati è pura emozione. Davanti a un’opera di Kaarina lo spettatore si chiede quale storia ci sia dietro. I colori degli abiti dismessi, le grinze della stoffa sono racconti. Alla domanda: «Quale luogo dell’Italia ti ispira maggiormente?» risponde: «Ho lavorato molto in Italia. Non riesco a scegliere. Le città italiane sono talmente intrise di storia che mi sento intimorita di fronte alla loro grandiosità». Humble è l’aggettivo che l’artista usa per definire il suo rapporto profondamente interiorizzato con la storia. Il rapporto di Kaarina con l’Italia ha avuto inizio quando la curatrice Julia Draganovic l’ha invitata a Napoli e si è consolidato poi con l’esposizione all’Isola di San Servolo a cura di Raffaele Gavarro per la Biennale di Venezia 2011.

Uno dei lavori fondamentali della storia di Kaarina è Way, opera d’arte partecipativa per la Cattedrale di Helsinki. 3.200 giacche da uomo coprono l’imponente scalinata, un fiume di umanità che simboleggia la sfida per la vita, la ricerca di un significato profondo, scalino dopo scalino. «Ogni volta che realizzo un lavoro all’aperto provo un misto di timore e gioia – dice. Da un lato c’è l’entusiasmo di creare un’opera per la gente, dall’altro la paura che possa essere distrutta. Continuo a stupirmi del rispetto per le mie opere. Le persone non solo non le calpestano ma aggiungono le proprie giacche come i tasselli di un puzzle che parla anche di loro».

Cos’è l’arte per Kaarina Kaikkonen? «L’arte non sono io in quanto artista. Attraverso la mia storia, che è quella di tanti, creo lavori d’arte collettivi. Noi siamo insieme e facciamo le opere insieme. Le persone hanno bisogno di arte perché questa può aprire loro nuovi orizzonti».

Fino al 16 maggio; z2O gallery, via della vetrina 21, Roma; info: www.z2ogalleria.it

Articoli correlati