Teatro delle Esposizioni

Creare una rete di interazione è un procedimento indispensabile nell’intricato tessuto artistico che caratterizza una città complessa come Roma. Il sistema delle accademie internazionali, ad esempio, rappresenta per la struttura urbana capitolina un patrimonio culturale d’eccellenza, dove eterogenee realtà cosmopolite convivono nel medesimo ingranaggio di reciprocità sociale. L’Accademia di Francia, all’interno di tale contesto, riveste un ruolo di primaria importanza, le sue funzioni istituzionali consentono di poter entrare in contatto con gli artisti che abitano e lavorano all’interno di Villa Medici. Giunta alla sesta edizione, il Teatro delle Esposizioni, è la manifestazione che permette alla cittadinanza romana di partecipare a un laboratorio multiforme dove i giovani pensionnaires dell’accademia mostrano le loro ricerche visuali e concettuali. La tematica portante dell’esposizione, curata per il secondo anno consecutivo da Claudio Libero Pisano, è riferita al tempo, o meglio, al prendere tempo. Questa nozione tratta dal filosofo Giorgio Agamben, diviene, secondo le parole del curatore, l’opportunità per osservare un’opera non solo nella sua veste visibile ma di sperimentare «Il risultato di un percorso complesso, di allontanamenti e ricomposizioni. Un’opera è il tempo necessario al suo realizzarsi. Opere che hanno il bagaglio pieno del processo che le ha maturate e realizzate. È la differenza tra guardare e vedere».

Il progetto mette in contatto un variegato e complesso universo popolato da differenti matrici espressive che accompagnano i borsisti dell’accademia. Ondřej Adàmek, nelle sue sperimentazioni sonore, combina architetture strumentali e una ritmica possente, i suoi diversi soggiorni in Africa e in Giappone hanno contribuito a costruire un linguaggio musicale ed estetico fortemente contaminato da etnie ataviche. Storica dell’arte e dottore di ricerca alla Sorbonne, Francesca Alberti sonda la nozione di scarabocchio nel corso dei secoli, attraverso lo studio e l’indagine della tradizione figurativa rinascimentale. Il fotografo Raphaël Dallaporta ed il compositore Raffaele Grimaldi hanno ideato un’istallazione in ricordo del filosofo e musicologo tedesco Athanasius Kircher vissuto a Roma durante il XVII secolo. La coppia di architetti Stéphanie Fabre ed Éric Gillet si interrogano sullo spazio urbano generando una riflessione che è basata sull’analisi dei rapporti tra individui, istituzioni e territorio, prendendo come incipit le considerazioni di Italo Calvino nelle Città Invisibili. Il duo cerca di approfondire la stretta convivenza che una città come Roma possiede con la sua imponente realtà storica. Ritmo, suono e linguaggio: sono questi gli elementi di ricerca dell’artista Su-Mei Tse che presenta a villa Medici la sua riflessione sulle percezioni visuali e sulle nuove forme di prospettive ottiche. Nato nel 1972 e autore di diversi libri, Philippe Vasset, ripercorrendo la tradizionale agiografia cristiana, cerca di trascrivere vite di santi, narrazioni di individui contemporanei che perseguono con volontà e fede la loro personale vocazione.

Mitra Farahani, regista ed artista di origini iraniane, mette in scena una scrittura per un nuovo film documentario ispirato al sacrificio di Isacco. Restauratrice genovese, Eleonora Gioventù, racconta il suo lavoro attraverso un video e un’installazione che affronta le tematiche del biorestauro. Le opere di Assan Smati sono monumentali disegni che narrano di parate circensi ed animali esotici, Sebastian Rivas, invece, consegue il suo lavoro espressivo proponendo una visione sperimentale sui concetti di autenticità e manipolazione. Vincitore di oltre 70 premi nel mondo Hu Wei presenta il suo cortometraggio intitolato La Lampe au beurre de yak dove analizza le implicazioni sociali e politiche afferenti alla Cina. Pittrice di origine americana, Josephine Halvorson, descrive superfici ed oggetti che hanno subito processi industriali e segni della natura, laddove l’artista riesce a donare una sua personale visione alla percezione delle cose che la circondano. Charles Mazé & Coline Sunier sono due studenti di design e grafica, la loro ricerca ha dato vita a una pubblicazione molto interessante dove sono state catalogate più di 1500 iscrizioni trovate sui muri di Roma, riallacciandosi con estrema efficacia alle cosiddette pasquinate nate nel XVI secolo sotto il dominio del pontificato. Fondatore di un collettivo transdisciplinare, Pierre Nouvel è un videasta che riflette sulle interazioni tra spazio scenico ed immagine. In occasione del Teatro delle Esposizioni, Nouvel ha presentato al pubblico un lavoro che descrive la sua permanenza a villa Medici, registrando il suo ricordo attraverso la memoria dell’Accademia di Francia.

L’ultimo lavoro esposto nel progetto curato da Claudio Libero Pisano è il frutto di una collaborazione che vede protagonisti, Stéphanie Fabre, Éric Gillet e Gaëlle Obiégly, artisti dalle differenti provenienze espressive ma che hanno dato luce a una narrazione frutto di uno spazio solo evocato. Il Teatro delle Esposizioni diviene il tassello indispensabile per generare nuove e inedite forme di creatività e di ricerca culturale, un impegno costante nella sperimentazione che caratterizza le diverse attività afferenti all’Accademia di Francia, luogo storico del tessuto metropolitano di Roma che da secoli forma e sostiene generazioni di grandi artisti visuali.

Fino al 12 aprile, accademia di Francia, viale Trinità dei Monti, 1; Roma. Info: www.villamedici.it

Articoli correlati