Renzo Piano ed Ercolano

Ercolano fu sepolta la prima volta dal Vesuvio sotto stratificazioni di lava e detriti e una seconda dalla polvere di un’inadeguata e scorretta conservazione, ma ora aspetta la rivalutazione che le è stata promessa. A pochi chilometri da Pompei, la più fortunata Ercolano vede nuove attenzioni di valorizzazione che si traducono nella costruzione del nuovo Museo archeologico, progetto che porta la firma dell’architetto Renzo Piano. La pianificazione del museo è in corso e procede con il riserbo che precede i preparativi di un grande avvenimento. L’attesa consegna del primo progetto dovrà avvenire nel giro di un mese ma alcune anticipazioni, trapelate dopo i primi sopralluoghi dell’architetto, parlerebbero di una costruzione che sorgerà a ridosso degli scavi, a impatto ambientale quasi nullo, seminterrato e dal tetto carico del verde della vegetazione, sul modello della California academy of sciences di San Francisco. Continua l’opera filantropica del magnate statunitense David W. Packard, figlio del cofondatore del colosso dell’informatica Hp, che dal 2000 finanzia i lavori di recupero del sito di Ercolano e che ad oggi ha investito una cifra che si aggira ai 16 milioni di euro. L’amore di Packard per Ercolano nasce quasi casualmente. Da Roma, dove si trovava per finanziare il restauro dell’Accademia britannica, si sposta a visitare i siti archeologici. Sconvolto dallo stato di degrado in cui verteva la situazione, decide di intervenire; nel 2001 viene fondato l’Herculaneum conservation project che dà il via alla collaborazione con la Sopraintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, con il supporto della British School at Rome.

Nel giro di poco tempo i risultati sono evidenti: due terzi dell’area sono visitabili, risolti molti dei problemi infrastrutturali e inoltre, durante i lavori sono emerse nuove scoperte archeologiche. Le attività del sito sono, tuttora, coordinate dal Project manager Jane Thompson e dalla direttrice del sito, Maria Paola Guidobaldi. Il team, inoltre, comprende un gruppo di esperti italiani e internazionali nel campo dell’archeologia e della conservazione. Il Museo sarà destinato a ospitare un importante numero di reperti, molti dei quali accumulati nel depositi degli scavi e altri che l’ottimista Packard vorrebbe far giungere dal Museo archeologico nazionale di Napoli. Il museo rappresenterà il segno tangibile dell’impegno di Packard verso uno dei simboli della storia della cultura italiana e Piano diventa la firma che collega quel passato così lontano ma insepolto alla contemporaneità del genio italiano. Chissà, allora, come ci sorprenderà l’architetto genovese che attualmente sta lavorando alla nuova sede del Whitney museum di New York la cui inaugurazione è prevista per maggio. Certo è che il passato di Ercolano si mostrerà e si racconterà attraverso il fascino fragile che ha sempre caratterizzato la città, già patrimonio dell’Unesco, questa volta preparandosi, però, ad accogliere ancora più attenzioni internazionali e soprattutto a diventare un modello virtuoso di collaborazione pubblico-privato nel panorama dei beni culturali nostrani.

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