Altrimenti che essere

Ha inaugurato sabato 24 gennaio, nella Gallleriapiù, la mostra collettiva curata da Andrea Bruciati, Altrimenti che essere. In collaborazione con il Cassero di Bologna, questa mostra indaga il tema dell’identità e della conoscenza di sé attraverso l’altro, esplorando l’argomento attraverso l’interpretazione tratta dal saggio omonimo di Emmanuel Lévinas. Inteso come fenomeno privilegiato e in un certo senso catartico, l’incontro faccia a faccia con l’altro permette di identificare l’unicità dell’essere, eliminando ogni possesso da parte dell’ego e aprendo a diverse linee d’interpretazione. Non a caso gli artisti invitati a partecipare alla mostra, alcuni per la prima volta in Italia, hanno realizzato lavori diversissimi per registro, tecnica e campi d’azione, dando al pubblico una chiave di lettura soggettiva e contro l’apparente coerenza del mondo.

L’esposizione si articola tra video e performance, come nel caso del duo Joanna Piotrowska/Nefeli Skarmea, che interrogano attraverso il respiro e i movimenti del corpo, la precoce iniziazione alla vita matura delle donne e lo stereotipo sessuale; o il loop di 4 minuti di Elodie Pong che ritrae una coppia che comunica solo attraverso il lento consumarsi di una sigaretta, unico legame tra loro. L’identità vista attraverso l’altro è invece alla base del lavoro del duo Prinz Gholam, che si ridisegnano vicendevolmente, fissando il momento attraverso la fotografia e creando uno sdoppiamento fisico dell’opera stessa. La vicinanza o il suo contrario, la violazione della naturale prossimità è invece punto fondamentale per Didier Faustino che alle fotografie accosta una sorta di maschera/apparecchio che blocca la possibilità del bacio; ancora le fotografie violate di Tomaso De Luca e gli acquarelli di Patrick Angus che ritraggono la discriminazione, la sofferenza e la solitudine del mondo gay.

I generi si mischiano e cadono i muri della referenzialità nel video di Athi-Putra Ruga nel quale un’imitata Maria Callas con voce da uomo intona La Mamma Morta, sporcandosi la faccia di pece. Durante l’inaugurazione è stato possibile assistere allo scioglimento dell’opera di Namsal Siedlecki Volver, dove grossi blocchi di ghiaccio sono stati erosi e consumati da salgemma, ridiventando mare e lasciando unicamente i segni del suo prosciugamento sul pavimento della galleria; così i ruoli che si invertono e si sovrappongono, si violano a vicenda, nelle fotografie di private di Paul Mpagi Sepuya. Infine, immancabile nell’ordine del vedersi e del vedere l’altro, lo specchio di Davide Savorani, che nasconde dietro di sé il disegno site specific di Giacomo Sargenti. Una collaborazione ben riuscita tra artisti di diverse generazioni e provenienza, che sottolinea la meravigliosa incoerenza del mondo e la spinta definitiva a rapportarsi all’identità attraverso uno sguardo rivolto all’esterno in quello che Lévinas definiva umanesimo dell’altro uomo.

Fino al 4 aprile; galleriapiù, via del porto 48, Bologna; info: www.gallleriapiu.com

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