De Sylva, Pareti, rapite

Cohouse Pigneto è nuovo affascinante spazio da poco inaugurato al Mandrione, pensato per ospitare un pubblico che apprezzi tutte le sfaccettature della creatività e dello svago, dalla cucina stellata, all’arte e al design, alla musica. Per sorprendere i visitatori di questo spazio multifunzionale, costruito sul modello dei loft newyorkesi, il curatore e gallerista Carlo Pratis ha creato la rassegna Pareti, rapite che Giovedì 29 Gennaio ha inaugurato la seconda installazione con Alessandro Dandini de Sylva, artista con numerose mostre in Italia e all’estero alle spalle, finalista dell’edizione del Talent Prize 2009, curatore del festival di Fotografia di Roma dal 2011, curatore in residenza del pastificio Cerere e della fondazione Ermanno Casoli nel 2014, vincitore del premio Shangai 2014 .

Il concept della rassegna è tutto nel titolo: una superficie transitoria è rapita dall’intervento artistico, ogni mese al Cohouse un elemento oversize sulle pareti sorprenderà i visitatori, costringendoli a rallentare per qualche istante. Ed è qui che de Sylva ha portato i suoi studi per un progetto di carta da parati dedicato alle palme, tre immagini ottenute partendo da polaroid a doppia esposizione riprodotte su un formato oversize 150×250, visibili fino a fine febbraio.

Incursioni dell’arte in spazi così multiformi e lontani dalle classiche pareti bianche delle sedi espositive, sono ultimamente molto frequenti, le operazioni fuori dai circuiti ufficiali spesso vengono realizzate con un occhio più alla moda che all’arte, ma il rischio probabilmente si palesa quando dall’altra parte c’è l’intenzione di collocare un prodotto compiuto, un’opera vera e propria, la pretesa di esporre arte a tutti i costi, costi quel che costi.

Pareti, rapite è invece un’iniziativa di appropriazione lontana da certi meccanismi forzati, come ci racconta anche Pratis: «Nessuno degli interventi della rassegna può essere incasellato in un’opera d’arte, né è riconducibile a un’opera compiuta, si tratta per usare una metafora di appunti per la realizzazione di opere». Quindi un’ incursione in qualche modo anche provocatoria, chiediamo a de Sylva il suo punto di vista: «Proprio perché non si tratta di spazi ufficiali o con le caratteristiche tipiche di una sede espositiva, l’azione in contesti come questo è schietta, per un artista è un modo per testare il processo dI realizzazione dell’opera nelle sue fasi preliminari. Non ci sono sovrastrutture, i muri diventano quasi una bacheca, chiaramente non c’è neanche l’idea o la pretesa di parlare di arte o mostra: si tratta di azioni legate per lo più all’atmosfera, non opere d’arte ma appunto, appropriazioni».

Le tre stampe oversize del fotografo sono infatti parte di un esperimento, la fase transitoria di un progetto molto particolare: una collettiva che potrebbe nascere assieme ad altri artisti di Operativa arte contemporanea a Roma e della palermitana L’A project space. Pratis ci svela come è nata l’idea: «Durante una visita all’orto botanico di Palermo ho scoperto l’esistenza del museo delle Palme con la sua esposizione permanente, Palme d’autore, una meravigliosa quadreria creata grazie al contributo di grandi nomi della pittura italiana. Ci piacerebbe rivitalizzare il museo con le opere di giovani artisti contemporanei, portando poi la mostra a Roma. Per adesso però è un’utopia».

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