Due collettivi in mostra

La figura dell’artista è sempre stata nei secoli mitizzata e nella storia dell’arte scorrono pagine di aneddoti fantastici atti a rinforzarne l’aurea di grandezza e mistero. Gli esempi sono infiniti e appartengono a ciascuna epoca, basti pensare alla celebre storia del cerchio perfetto disegnato da Giotto o alla tela raffigurante un Papa che Tiziano metteva alla finestra ad asciugare e che veniva poi scambiata dai passanti come il Papa in persona. Tutti aneddoti basati sull’idea di un’irraggiungibile talento ai quali si aggiungono quelli che dipingono l’artista famoso come egocentrico, narcisista, svitato e connotato da aggettivi superlativi che creano il mito attorno a questa figura emblematica, pragmatica e idealizzata. Nella realtà delle cose non è sempre così, anzi!

C’è, invece, in tutte le biografie un capitolo, spesso tra i primi, dove l’artista in erba ha ancora forti e radicati ideali e principi: «All’inizio – spiega Francesco Liggieri, curatore indipendente – è una continua battaglia per emergere, mostrare il proprio talento, fare mostre, andare ai vernissage, ma soprattutto cercare di rimanere il più fedele possibile a se stesso». Ed è proprio da questa idea di mantenere il nobili principi di inizio carriera che nasce la mostra Avevo dei principi, ospitata a Milano fino al 21 dicembre negli spazi dell’Area 35 Art Factory. L’evento, curato da Liggeri e dall’associazione Anonimartisti, coinvolge anche gli artisti del collettivo veneto No Title Gallery. C’è un punto in cui l’opera diventa arte per il suo autore, e a questo seguono molti altri punti che segnano il percorso evolutivo di ogni artista. E poi c’è un punto in cui bisogna fermarsi e guardare indietro per andare avanti: questo è avere sani principi.

A tal proposito ogni artista propone due lavori. Il primo, il segno primitivo, è l’opera che raffigura l’inizio di quel percorso artistico nel senso più stretto (non necessariamente la prima opera, ma un’opera che rappresenti bene l’inizio del percorso dell’artista), mentre il secondo raffigura la morfosi (l’evoluzione della prima opera o evoluzione dell’operato dell’artista in generale). Lo sviluppo della tecnica utilizzata e di un linguaggio più introspettivo. Scorrono in mostra le opere di: 108, Drunkenrabbit, Mattia Barf Carne, Luca Bortolato, Lele de Bonis, Marco Cecotto, Dellacla Dellaclà, Diego Knore, Maurizio L’Altrella, Francesca Lolli, Alessandro Minoggi, Marcella Savino, Matteo Suffritti e Alan Zeni con lo scopo di creare uno spazio concreto, in cui proporre un’arte senza alcuna aura criptica. Porre dinanzi allo spettatore la figura dell’artista e del suo operato in un’interpretazione più semplice e genuina, contrapponendo due lavori dello stesso autore che rappresentino al meglio l’inizio e l’attuale.

Dal 12 al 21 dicembre, Via Vigevano 35 Milano, Info: www.anonimartisti.it

Articoli correlati