Ed Ruscha a Roma

«La pittura è un’arte, e l’arte non è l’inutile creazione di cose che svaniscono nel vuoto, ma è una forza che ha un fine, e deve servire allo sviluppo e all’affinamento dell’anima, al movimento del triangolo. È un linguaggio che parla all’anima con parole proprie, di cose che per l’anima sono pane quotidiano, e che solo così può ricevere». Kandinskij, Lo spirituale nell’arte.

Ed Ruscha nasce nel 1937 a Omaha, in Nebraska, sin dall’infanzia comprende la sua vocazione artistica e nel 1956 si trasferisce a Los Angeles dove compie i suoi studi al Chouinard Art Institute (oggi conosciuto come il California Institute of the Arts). L’universo immaginifico di Ruscha si forma nei primi anni ’60, fondamentali divengono i suoi contatti con il gruppo della Ferus gallery dove inizia il suo percorso espressivo dedito ai concetti rivoluzionari che di lì a poco porteranno l’artista a entrare nella cerchia della pop culture. Fotografia, collage, pittura, disegno, Ruscha sperimenta molteplici metodologie tecniche per portare avanti la sua forza espressiva: l’immaginario californiano e l’industria cinematografica hollywoodiana rappresentano in maniera inequivocabile le prime fonti d’ispirazione dell’artista. Durante gli anni ’70 e’80 cresce l’interesse di Ruscha verso la grafica commerciale pubblicitaria che lo spinge a creare dipinti in cui spesso ricorrono frasi surreali, totalmente distaccate da qualsiasi concetto logico apparente.

Lo scorso 20 novembre, negli spazi della Gagosian gallery di Roma, Ed Ruscha ha presentato al pubblico una serie di dipinti ispirati al deterioramento del paesaggio statunitense. Nel 2005 l’artista ha rappresentato gli Stati Uniti durante la 51esima edizione della Biennale di Venezia, con il progetto intitolato Course of Empire, con cui ha cominciato la sua speculazione visiva intorno al concetto di trasformazione industriale del paesaggio. Materassi logori, vecchi pneumatici a brandelli, rifiuti, materiali da imballaggio narrano il cambiamento ambientale a cui i paesi dell’economia capitalista stanno assistendo. Nella serie di opere intitolata Psycho Spaghetti Western un paesaggio malinconico campeggia nella composizione, delineando le linee espressive di un nuovo concetto di viaggio on the road, laddove l’atmosfera pittorica, che prende la sua matrice narrativa dai grandi maestri del passato, si confonde nella decadenza iperrealista con cui vengono descritti gli scarti post moderni della nostra contemporaneità. In questo percorso suggestivo e stridente l’incontro tra la natura e i materiali logori, divenuti ormai scarto sociale, innescano una sorta di visione apocalittica dove l’assenza dell’uomo viene percepita attraverso il deterioramento delle sue attività economiche e commerciali.

In questa dimensione nasce un’archeologia contemporanea dove è possibile tracciare le tappe di un’evoluzione collettiva poco incline ad accogliere le critiche di coscienze sensibili verso le condizioni di deterioramento che il nostro pianeta sta vivendo, ma piuttosto votate a una fede incrollabile nei confronti del progresso. Nei suoi slogan enigmatici l’artista non fa altro che ricordare la cultura cinematografica made in Usa, imbevuta sapientemente di segni e simboli proveniente dalla frenetica attività pubblicitaria che coinvolge quotidianamente la nostra educazione visiva. Ed Ruscha raccoglie nel suo lavoro lo slang della cultura statunitense, si appropria dei retaggi pop scaturiti negli anni ’60 per ritrovare gli scarti odierni di quell’epoca d’oro, in cui tutto ero consentito e l’economia capitalista sembrava infallibile.

Cinquanta anni sono bastati per comprendere quanto quel sogno americano, ed occidentale in senso generico, sia stato l’incipit di un processo culturale che oggi richiama ognuno di noi a intraprendere un percorso coscienzioso e responsabile verso le generazioni future che erediteranno il deterioramento insensato del nostro pianeta. Un giorno la terra piangerà, supplicherà per la sua vita, tu sceglierai se aiutarla o lasciarla morire: il monito dei nativi americani insediati nei territori del Nebraska, narra le origini di Ruscha declinando il suo messaggio nella consapevole sensibilità di una transitoria ed evanescente percezione del mondo.

Fino al 17 gennaio, Gagosian Gallery, via Francesco Crispi 16, Roma; info: www.gagosian.com

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