Ugo La Pietra

Ha aperto il 26 novembre 2014, alla Triennale di Milano, la prima grande mostra monografica sul lavoro di Ugo La Pietra che, attraverso più di mille opere, ripercorre il percorso creativo di questo straordinario progettista eclettico dal 1960 a oggi. Questa mostra si inserisce in un percorso tracciato da Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum, che rivendica la continuità di una ricerca volta a rivalutare i non allineati, gli eretici, i sommersi, da Gino Sarfatti a Piero Fornasetti, fino a Ugo La Pietra. Concetto ribadito anche dal presidente della Fondazione Museo del Design, Arturo Dell’Acqua Bellavitis, il quale ha annunciato l’intento di riprendere le grandi Triennali Internazionali inserendo quelle figure importantissime, di passaggio, del design italiano e che nel passato sono state escluse dalle grandi esposizioni internazionali di settore.

La Pietra, architetto di formazione, artista, cineasta (e attore), editor, musicista, fumettista, docente, si inserisce perfettamente in questo discorso, rappresentando quella generazione di progettisti “schiacciati” tra il tempo dei grandi maestri e quello della contemporaneità. La sua attività – così eterogenea e complessa da risultare di difficile collocazione critica e disciplinare – è da interpretare come una lunga militanza all’interno della categoria dell’anti-progetto che fa della quotidianità e dei comportamenti il proprio campo d’azione e discussione, senza mai tralasciare ironia e sarcasmo, per narrare il rapporto individuo-ambiente. «L’alternativa viene considerata come vero e proprio campo d’azione – spiega la giovane curatrice Angela Rui – e per questo i progetti di La Pietra risultano disequilibranti», hanno la capacità di spostare l’attenzione verso altro, di mettere in crisi gli schemi conosciuti. All’interno di un allestimento complesso, denso, precisissimo ed esaustivo, la figura di Ugo La Pietra appare in tutta la sua pienezza e grandezza. Emergono il suo metodo di lavoro incentrato nella ricerca e nella sperimentazione continue, perseguite con forza e coerenza, e la sua lungimiranza, ovvero la capacità di prendere strade nuove, di mostrarle e di adattarsi ai tempi e alle tendenze susseguitesi in questi decenni, usando linguaggi disparati e attuali e praticando la sinestesia delle arti fin da tempi non sospetti.

A tratti critiche e pungenti, visionarie, fantascientifiche o poetiche, le opere di La Pietra mostrano il carattere di chi ha analizzato, con metodo e padronanza di strumenti e linguaggi, la società contemporanea, le nostre tradizioni e le nostre eccellenze, mettendole in risalto e in dialogo tra di loro, ridando dignità all’artigianato locale elevandolo a vera propria arte quando tutto il mondo del design lo sminuiva o non considerava ancora. Due grandi sezioni si possono individuare in questa mostra, come due immagini allo specchio: una più introversa, dominata da toni del bianco e nero, l’altra che guarda all’intorno, al contesto urbano e al rapporto vero e proprio uomo-ambiente. Lui stesso ha affermato di essere “un architetto che non ha mai costruito una casa, un pittore che non ha mai fatto una mostra personale, un designer che non ha mai visto in produzione industriale un suo oggetto”, ma la ricerca è alla base di ogni disciplina. E la ricerca si fa sottoterra, nascosti. Come ha saputo fare lui, muovendosi liberamente e improvvisando in mondi diversi, con l’abilità di un jazzista.

 

 

 

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