Il porno di Favelli

C’era una volta un bambino che osservava incuriosito un cinema a luci rosse a Bologna. Ora diventato grande è arrivato per lui il momento di mostrare e riflettere sul mondo della finzione, una delle questioni più profonde e insolute della nostra moderna esistenza. È la volta di Flavio Favelli (1967) allo studio Geddes – Franchetti di via del Babuino (Roma), per il ciclo di mostre Private: mostre site specific – organizzate dall’artista Giuseppe Pietroniro – dove gli artisti, di volta in volta invitati, possono esprimere la loro idea personale di spazio, in un luogo dove esibire quel che si nasconde della propria immaginazione creatrice. Quello di Favelli, anche in questa occasione, è un lavoro sulla memoria personale. «Ricostruisco il mio passato perché è un pozzo senza fondo, un universo diviso in tre: inferno, purgatorio e paradiso», dichiara in un intervista l’artista.

Qui la memoria che condivide con il pubblico è quella della scoperta dell’erotismo, della sessualità avvenuta quando da bambino, circa a metà degli anni ’70, passeggiava con la mamma per le vie di Bologna. Li, nella città emiliana, in via Rizzoli (dove oggi c’è li Nike store), si trovava il cinema per adulti Royale rouge, luogo a lui proibito e avvolto da un alone di mistero che attraeva proprio perché vietato. Da queste reminiscenze, tra memoria autobiografica e immaginario collettivo, si dispiega la ricerca e il progetto Amore impuro: una serie di collage di riviste erotiche e hard, fino a sfociare nel porno, collezionate dall’artista che le ha recuperate tra mercatini e internet. Nella stanza ci sono tre registri di lettura, tre livelli di visione ridondanti sullo stesso tema. A terra strani oggetti incuriosiscono stuzzicando l’immaginazione, grazie anche a inserti dal forte richiamo fallico. Tra questi una insolita e stravagante sedia in legno (ricorda la poltrona dei cinema di una volta) ma l’artista vi ha introdotto sulla seduta un anta ondulata di un mobile Art Decò, «perché invita a posizioni inusuali», spiega Favelli.

A parete manifesti per adulti degli anni ’70 e ’80, quadretti provenienti dalla sua collezione privata e diversi collage. Seduce uno speciale irriverente light box che combina l’attrice porno Ilona Staller, al secolo Cicciolina, alla celebre Coca –Cola. Favelli ha curato tutto nei minimi dettagli riproponendo un ambiente avvolgente e immersivo realizzando anche l’illuminazione. Infatti, da un particolare lampadario con i neon incastrati, della delicata fredda luce rosa conquista la stanza. Riproposte oggi, queste immagini disinibite, oltre a incuriosire, fanno sorridere e allo stesso tempo provocandoci ci stimolano a riflettere su quale sia realmente poggi il nostro rapporto con la sfera sessuale, l’erotismo e la pornografia, e quanto e in che modo cambiato, a livello sociale, rispetto a quarant’anni fa. Sicuramente la mostra ha suscitato imbarazzo a qualcuno; buffo infatti che nell’invito si consigliava la presenza solo agli adulti. Accompagna la mostra una selezione dalla serie dei variopinti collage di francobolli e carte di cioccolatini oltre un testo/confessione scritto da Favelli.

Fino al primo novembre; Studio Geddes- Franchetti via del Babuino 125, Roma

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