Chantal Stoman a Roma

Non è brutto e forse non è bello. Non è questo il problema di un rosario inciso sulla pelle. Non serve a niente. Inutile per sgranare ave marie e padri nostri. “Ceci c’est pas une pipe”(questa non è una pipa), scriveva Magritte sotto la sua pipa disegnata. Questo non è un rosario, è un paesaggio, direbbe Chantal Stoman. Direbbe, cosa che poi realmente ha fatto, che noi italiani siamo abituati all’onnipresenza di immagini sacre. Lei è francese e ha riportato a casa dal suo soggiorno romano L’image culte. Un progetto fotografico, ora in mostra a Roma, curato da Isabella Vitale, che ha fermato il suo obiettivo sulla diffusione popolare dell’iconografia religiosa: santini, calendari e tatuaggi. Tutto quello che Gozzano avrebbe definito: “Le belle cose di cattivo gusto”.

Perché ha scelto un soggetto religioso?

«L’image culte è un progetto nato da un dialogo con lo scrittore Erri De Luca. Ero curiosa di sapere cosa lo affascinasse di una religione che non era la sua: il giudaismo. Grazie alla mia residenza romana a villa Medici anche io ho scoperto una religione che non mi appartiene e ho potuto approfondire il rapporto fra l’immagine e la fede. La religione cristiana è l’unica dei tre grandi monoteismi a permettere la rappresentazione di Dio. Credo che l’immagine religiosa a Roma non sia necessariamente un dato religioso, piuttosto direi culturale. Ho constatato la sua onnipresenza ovunque: tanto nei luoghi pubblici che nella sfera privata, nelle case dei credenti e non solo. Penso che questo tipo di rappresentazioni facciano talmente parte del paesaggio visivo che voi italiani non le vedete più. L’immagine religiosa diventa elemento culturale».

Le sue fotografie sono rappresentazioni che ritraggono immagini, che però a causa del loro valore religioso sono considerate qualcosa di più che semplici raffigurazioni: come ha affrontato questa ambiguità?

«Per me la fotografia ritrae una determinata realtà. Mi sembra che l’immagine religiosa, invece, sia un’immagine pensata, sognata, idealizzata. Credo che sia una necessità per tanti fedeli, per loro è il riflesso di una verità e la risposta a tante domande. Sono rimasta affascinata dall’importanza della rappresentazione di Dio nel mondo cattolico. Con questo lavoro, ho cercato di cogliere il ruolo dell’immagine nella fede».

Il suo punto di vista raramente è ironico, più spesso è obiettivo. Ha preferito non esprimere nessun giudizio per questo progetto?

«Nel mio lavoro non c’è mai la volontà di giudicare. Attraverso il mio sguardo credo che alcuni potranno trovare una lettura personale del mio lavoro. Il mio posto da straniera in questo mondo mi ha permesso d’essere attenta a questo tipo di rappresentazioni, una posizione questa che comporta uno sguardo rispettoso. In caso contrario il lavoro potrebbe essere offensivo, e non è il mio scopo. Durante l’Image culte ho cercato di capire, non di giudicare; di osservare, non di contemplare».

Percorso strano il suo; cominciato con la fotografia di moda e approdato a L’image culte.

«La fotografia di moda è stata una scuola formidabile per rendere il mio occhio sensibile alla bellezza. Una foto, come un quadro, deve essere inquadrata, composta e pensata anche se questo non deve obbligare il lavoro a rimanere freddo e privo di sentimenti. Mi sono allontanata dal mondo della moda, avevo l’impressione che mancasse qualcosa: un senso, una riflessione. Grazie a questo progetto, forse, gli italiani riscopriranno ciò che non riescono più a vedere, spero che la mia lettura di un aspetto così particolare della vostra tradizione potrà essere motivo per voi di riflessione».

Che rappresenta per lei la partecipazione a Fotografia curata da Marco Delogu?

«Sono molto felice che Delogu sia stato sensibile al mioprogetto. Partecipare a Fotografia sarà, spero, un’opportunità per l’Italia di scoprire il mio lavoro. La manifestazione è un festival riconosciuto e con una selezione di alta qualità. Mi rallegra condividere i miei lavori con gli abitanti di Roma e sono impaziente di conoscere i loro sentimenti sulL’image culte».

Fino al 26 ottobre; Istituto nazionale per la grafica, via Poli 54, Roma; info: www.grafica.beniculturali.it