Ritratto di Vincent

Roma

Immerso nei campi della Provenza, tra le zolle della terra appena agitate e i rami che prosperano in primavera; seduto in mezzo ai campi di grano e di girasoli gialli (un vero e proprio classico, nel suo caso) ad Arles – città nel dipartimento delle Bocche del Rodano – oppure intento a scrutare l’immensità di uno cielo stellato. Infinito, al pari del suo talento. È in questo modo che Barbara Stok tratteggia la figura di Vincent Van Gogh nella graphic novel edita da Bao publishing (144 pagine, 15 euro) dal titolo semplice ed evocativo: Vincent. Il volume, distribuito anche nel bookshop all’interno dell’esposizione Van Gogh, l’uomo e la terra – allestita dal 18 ottobre all’otto marzo a palazzo Reale, a Milano, con la curatela di Kathleen Adler – ripercorre con sensibilità e poesia alcuni dei momenti cardine della vita privata e artistica del pittore olandese. La sua connazionale Stok, infatti, dà vita a un iter narrativo per immagini che tocca le corde dell’intimità e della commozione, forte di una storia di incessante ricerca, da parte del protagonista, della sua cifra artistica. Un cammino durante il quale Vincent può far leva sul fratello Theo, marcante d’arte, che lo supporta e lo sprona ad andare avanti. Sostenendolo anche dal punto di vista economico («Sto lavorando come un matto perché voglio dipingere tutti gli alberi in fiore che posso. Adesso che comincio a prenderci la mano mi piacerebbe farne ancora una decina con lo stesso motivo. Per favore, mandami immediatamente dei colori. Li ho quasi finiti e la fioritura dura così poco», scrive il pittore il una lettera a Theo).

Una storia, quella narrata, dalla quale si evince il carattere complesso e l’animo tormentato di Vincent («un paio di volte stavo per buttarlo fuori di casa – rivela Theo – ma se l’avessi fatto lui sarebbe rimasto apposta per farmi dispetto. Ha anche un lato tenero ed è pieno di idee divertenti. Molto stimolante. Come artista è sublime e sono sicuro che un giorno si farà un nome»); un malcontento e un’incontenibile ispirazione artistica che lo spingono, appunto, lontano da Parigi, a sud, alla ricerca di quei paesaggi e di quei colori dai quali non può, quasi fisicamente, prescindere («Non arrivo a inventare completamente il mio quadro, al contrario lo trovo già nella natura, si tratta solo di riuscire a coglierlo in essa», ammette).
È un uomo impaziente e irascibile Vincent, che non intende aspettare passivamente i frutti del proprio lavoro. Non è il denaro ciò che brama – «gran parte dei pittori che conosco non ha un soldo. Prendete Gauguin, un artista geniale. Vive come un vagabondo» – e neppure la fama. L’amore viscerale per la pittura di paesaggio e per l’utilizzo centrale del colore, le lunghe ore passate di fronte al paesaggio per coglierne ogni dettaglio: sono queste le vie di fuga alle quali Vincent ricorre per mostrare e donare al mondo ciò che il suo animo riesce a cogliere. Una tavolozza di sentimenti, una sorta di caleidoscopio per colori che vanno a miscelarsi con naturalezza, perché – secondo Vincent – «i veri artisti dipingono le cose non come sono letteralmente, ma come le percepiscono».

Info: www.baopublishing.it

Articoli correlati