«Sedurre è morire come realtà e prodursi come gioco illusionistico», lo diceva Jean Baudrillard nel 1997 in un libretto dalla controversa interpretazione intitolato Della Seduzione. Una scelta ardita sin dal principio, quindi, quella della curatrice Barbara Tomassi che, per la mostra Le forme della seduzione, alla Galleria Nazionale d’arte moderna, ha deciso di confrontarsi con l’autore francese e con le ostiche pagine del suo testo, servendosene come filo conduttore per il percorso espositivo.
L’idea per questa rassegna, in verità, bolliva già in pentola da qualche mese, ispirata non tanto da Baudrillard, quanto dalla miniera di meraviglie che si celano dietro le porte blindate dei depositi della Gnam. Portati irragionevolmente a pensare che l’erba del vicino sia sempre più verde, ci dimentichiamo a volte dell’incredibile potenziale che gli archivi dei nostri musei possiedono, una volta soffiata via la coltre di polvere da tele e cornici. La Tomassi invece non può dimenticarsene, perchè, oltre che curatrice della rassegna, è anche responsabile della collezione della galleria capitolina e ha le chiavi per accedere a quel paradiso che, con sofferenza, alle volte vediamo messo in disparte dalle nostre istituzioni. Armandosi di buoni propositi e di santa pazienza, la curatrice è riuscita a mettere ordine nel caos delle catalogazioni, selezionando con criterio e intelligenza un centinaio di opere che ben rappresentano il corpo femminile nell’arte del ‘900.
Ci sarebbe ovviamente l’imbarazzo della scelta, tanti sono gli artisti che nella storia dell’arte nel XX secolo si sono occupati del soggetto, alcuni disegnandolo con grazia ed eleganza, altri deformandolo privandolo di ogni riconoscibilità estetica. La rassegna si articola in cinque sezioni, di cui ognuna esprime le peculiarità del linguaggio formale degli artisti che ne sono ambasciatori. Dalle belle apparenze proprie di una rappresentazione femminile più classica si passa alle logiche antinaturalistiche mostrate nella sezione seduzione/sedizione, per poi trovarsi di fronte all’espressione della seduzione attraverso l’organo sessuale (spesso decontestualizzato), o ancora attraverso il suo lato oscuro, frutto dell’inconscio. Infine un’ultima sezione, intitolata la bella addormentata presta attenzione al corpo supino, abbandonato al sonno, al contempo vulnerabile e passivo.
A ogni sezione sono stati associati i nomi di grandi artisti. Nella prima, ad esempio, a farla da padrone è Modigliani, col suo nudo disteso, in cui la modella dalla sensualità immobile e statuaria sembra quasi chiamare a sé lo spettatore in modo sfacciato; nella seconda, si passa invece per gli artisti delle avanguardie che sintetizzano il linguaggio formale, stilizzando e scomponendo le fattezze delle modelle, come in Picasso, in cui l’eros non è mai idealizzato, ma inquietante e talvolta volgare. Si attraversa poi la produzione surrealista, che proviene dal fondo donato al museo da Arturo Schwarz nel 1998. I particolari anatomici femminili assumono a questo punto un significato prettamente sessuale, spingendo le opere ai limiti del feticismo, con autori come Dalì ed Ernst. Ma è ancor più con Breton e Arp che si scatenano le inquietanti fantasie erotiche e le opere diventano specchio delle trasgressioni dell’uomo. In ultimo, una declinazione della donna che sembra riprendere le sue forme grazie a una linea più classica, che rimanda a un’iconografia del passato, come nelle ninfe dormienti di De Chirico.
In questa alternanza di dipinti e sculture, ci sentiamo trasportati in una dimensione rassicurante, in cui la nudità femminile, seppure in alcuni casi frammentata, antiestetica, deformata, è ancora ben lontana dall’aggressività e dalla violenza che siamo soliti vedere nell’arte di oggi. Come recita il titolo, la forma della seduzione non è una, ma ve ne sono tante, ma oggi, erotismo, seduzione e pornografia sembrano non avere più un confine. Aveva ragione Baudrillard nel dire che nella pornografia si è persa l’illusione del desiderio, ma la riflessione non si confà a questa mostra. Il desiderio, seppure sempre filtrato da occhi maschili, nelle opere esposte non è un’illusione ma è ancora profondamente tangibile.
Fino al 5 ottobre; Gnam, viale delle belle arti 131, Roma; info: www.gnam.beniculturali.it