L’estate del Mart

L’estate del Mart è certamente al centro della realtà culturale italiana presentando due mostre che sottolineano un lavoro che non ha sosta nel proporre alternative culturali al visitatore. Con Scenario di terra a cura di Veronica Caciolli, Daniela Ferrari, Denis Isaia, Paola Pettenella e Alessandra Tiddia, l’esposizione di sviluppa secondo diverse angolazioni che mescolano e confrontano linguaggi artistici e periodi della storia dell’arte moderna e contemporanea in un suggestivo allestimento studiato dall’architetto Giovanni Maria Filindeu. Il nuovo progetto affronta l’infinito dibattito tra ambiente e arte, in continuum con Perduti nel Paesaggio, aperta fino al 31 agosto. Poggia su un nucleo di opere provenienti dalla collezione permanente e su una selezione di materiali archivistici del Mart, completati da prestiti e pezzi inediti. Non forzature o linee guida, il percorso si propone, attraverso un libero movimento nel tempo, nei media e nelle produzioni artistiche, di raccontarci alcuni momenti di sintesi questo complesso argomento diventando un’importante approfondimento didattico. E’ dimentica la successione cronologica delle opere al fine di lasciare emergere le differenti empatie con gli elementi del paesaggio. In prima linea la sinergia tra la natura e il lavoro dell’uomo: la terra coltivata, intesa come la trasformazione naturale, sociale ed economica del paesaggio, è raccontata nella storia dell’arte principalmente attraverso la pittura. Incisioni, stampe e riproduzioni fotografiche, provenienti dell’archivio del ’900, sono accostate ai dipinti di Umberto Moggioli, Gino Pancheri, Arturo Tosi e Gigiotti Zanini a installazioni contemporanee, come il video la Danza degli attrezzi di Nico Angiuli, opera inedita tratta da un lungo progetto di ricerca dedicato allo sviluppo dei gesti dell’agricoltura. Un legame che passa a senso unico attraverso la conoscenza e l’uso dei materiali naturali, semilavorati o trasformati. La materia stessa che si presenta attraverso una raccolta di opere bidimensionali con Giuseppe Uncini, Antoni Tàpies e i loro lavori dove i veri protagonisti sono gli elementi come la sabbia, la terra, la ghiaia. La seta non lavorata è invece al centro delle opere di Dario Imbò mentre la materia trasformata da processi chimici costruisce gli insoliti paesaggi realizzati da Giovanni Ozzola. Gli elementi naturali divengono opere vere e proprie nei capolavori dell’arte povera, ricordato con Chiaro oscuro di Mario Merz, Terra animata di Luca Maria Patella, Cinque tronchi divisione moltiplicazione di Michelangelo Pistoletto, Grigi che si alleggeriscono oltremare di Giovanni Anselmo capaci di condividere lo spazio con lavori più recenti come Montagne (Alpi) di Matteo Rubbi o Pianeta azzurro di Franco Piavoli, capolavoro del cinema sperimentale italiano. Un focus, inoltre, dedicato alla capacità propriamente umana di circoscrivere i limiti dello sguardo per catturare la veduta grazie ai Medium color landscapes di Davide Coltro, gli Appunti per una fotografia di paesaggio di Vittore Fossati o i Cieli di Paolo Vallorz. Presenti materiali dalla biblioteca e dai fondi del Mart di Luciano Baldessari, Silvio Branzi, Vittore Grubicy, Margherita Sarfatti.

La seconda mostra del museo trentino è un’eccezionale personale dedicata ad Alvaro Siza con Inside the human being. A cura di Roberto Cremascoli, disegni, fotografie, modelli e oggetti di design che documentano e rendono omaggio l’opera di un grande protagonista della cultura architettonica contemporanea l’architetto portoghese, vincitore nel 1992 del Pritzker Prize, il Nobel dell’architettura. «Trasformare lo spazio – afferma Siza – allo stesso modo in cui trasformiamo noi stessi: mediante pezzi confrontati con gli altri. La natura come dimora dell’uomo, e l’uomo, come creatore della natura, assorbono entrambi tutto, accettando o respingendo ciò che aveva una forma transitoria, perché tutto lascia in essi il segno. Partendo da pezzi isolati, cerchiamo lo spazio che li sostiene». A collaborare anche lo stesso Alvaro e Chiara Porcu, responsabile da più di vent’anni dell’archivio dell’architetto. Nato nel 1933 a Matosinhos, vicino a Porto, Álvaro Joaquim de Melo Siza Vieira si laurea in architettura a Porto nel 1955 e inizia a collaborare con Fernando Tavora, prima di aprire, nella stessa città, il proprio studio professionale. Sempre a Porto, presso la Facoltà di Architettura, nel 1976 è nominato titolare della cattedra di “Costruzione” fino al 2003. Nel corso della sua carriera si è dedicato all’insegnamento anche in molte altre università del mondo, visiting professor all’École politechnique di Losanna, alla Pennsylvania state university, alla Universidad de Los Andes di Bogotà, alla Graduate school of design della Harvard university come Kenzo tange visiting professor, all’Istituto Universitario di architettura di Venezia. Radicato nella tradizione del luogo d’origine, Siza ha pazientemente lavorato sul rapporto con la misura umana e con il paesaggio, alla ricerca di un linguaggio architettonico di grande coerenza e autorevolezza internazionale. Le prime opere dell’architetto portoghese risalgono alla seconda metà degli anni ‘50: come il ristorante Boa nova a Leça de Palmeira o la piscina a Conceição. Negli anni ’70, dopo la caduta della dittatura in Portogallo, con l’esperienza delle brigate Saal, serviço ambulatório de apoio local, si impegna nel campo dell’edilizia popolare. Sono gli anni dei primi riconoscimenti da parte della critica internazionale, infatti inizia a lavorare a Berlino per il risanamento del quartiere di Kreuzberg. Siza ha progettato anche importanti centri culturali e musei in Sud America e in Asia. In Italia si è impegnato fin dagli anni ‘80 in studi urbanistici e progetti di architettura e restauro. Dal 2000 ha progettato e realizzato alcune stazioni della metropolitana di Napoli, nonché il restauro del Palazzo Donnaregina, sede del Museo Madre. Per i meriti ottenuti dalla qualità del suo lavoro, Siza ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali, recentemente nel 2012 il Leone d’Oro alla Carriera in occasione della 13ª Biennale di architettura di Venezia.

Fino al 8 febbraio, Mart, Corso Bettini, 43, Rovereto; info: www.mart.trento.it

 

 

 

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