Urban legends, Popay

A partire dal 7 giugno gli spazi del Macro Testaccio di Roma ospitano Urban Legends, una mostra promossa dalla galleria 999 Contemporary e organizzata dalla gallerista Francesca Mezzano, che raccoglie i lavori di dodici dei migliori street artist attivi sulla scena internazionale. L’evento, curato da Stefano Antonelli, segna un passo in avanti nel percorso di riconoscimento istituzionale di una pratica artistica che sta vivendo una stagione segnata da importanti successi espositivi.

«Ho istintivamente cominciato a fare graffiti da subito – dice lo street artist spagnolo protagonista della collettiva Juan Pablo conosciuto come Popay – dal momento in cui sono uscito dal grembo di mia madre. Sono nato con una bomboletta spray tra le mani». Popay è considerato il Goya dei graffiti. Un universo barocco quello dell’artista nato a Barcellona composto da lussureggiante vegetazione e popolato da figure grottesche che ricordano nella volontà di una ricerca in cui è presente un forte sentimento di horror vacui. «I graffiti rappresentavano un desiderio di muoversi verso il futuro . Le bombolette di vernice spray erano un nuovo strumento di espressione mai utilizzate prima nella storia dell’arte, erano una risposta per l’ambiente, per il territorio, arte effimera per eccellenza». Nelle parole di Popay si rintraccia il percorso originario dell’artista dedito ai graffiti che sin da ragazzino all’età di 16 anni comincia a imprimere sui muri la tag che lo contraddistingue. Un pioniere della street art, un artista riconoscibile per il suo tratto ardimentoso, per quelle forme intricate che descrivono paesaggi onirici, dimensioni di un altrove impercettibile.

Molteplici ed eterogenee le influenze di cui si è imbevuto Popay: dai fumetti dei supereroi della Marvel all’eredità di Michelangelo fino alla pittura astratta passando per l’interesse verso le macchine industriali e la tecnologia. Popay è cresciuto in seno alla strada, la sua scuola d’arte e di vita, si è appropriato attraverso i graffiti di spazi abbandonati, li ha abitati e ha fatto degli squat parigini la sua casa. Non un semplice writer, ma un artista che ha compiuto una scelta totalizzante innescando la sua matrice espressiva nel labirinto intricato della metropoli. Juan Pablo Popay si inserisce nella grande collettiva di Urban Legend portando con sé il rumore della strada, i fraseggi di Jimi Hendrix, da cui sente di aver ricavato il suo stile, e il ritmo del flamenco. Gli arabeschi del suo tratto grafico, le curve manieriste, la voluttà dell’arte islamica rappresentano le componenti mai univoche della ricerca estetica di Popay. Afferma l’artista: «Art School of Street, questa è la scuola che mi ha allenato e che oggi mi dona delle armi. I graffiti mi hanno condotto verso gli squat poichè rappresentano la riappropriazione degli spazi abbandonati». Una leggenda urbana che ha lasciato il segno nella storia dei graffiti e della street art.

Dal 7 giugno; Macro Testaccio, piazza O. Giustiniani 4, Roma; info: http://www.urbanlegendstheshow.com