Arena studio d’arte

Una nuova sede espositiva per Arena studio d’arte di Verona. A inaugurare lo spazio nel centro storico della città una retrospettiva dedicata a Mario Schifano, l’artista che rappresentò un punto fondamentale della Pop art italiana ed europea. Parlare del maestro non è affatto facile: un pittore e regista dalla personalità esuberante capace di vedere ben oltre l’ordinario. Nato nel 1934 nella Libia italiana, si trasferisce presto a Roma, arriva a esporre a New York a soli 28 anni con i massimi rappresentanti americani del periodo senza lasciarsi intimidire dal confronto. Una vita spesso travolta dalle droghe e dalla mondanità. Muore a 64 anni, mentre si trovava nel centro di rianimazione dell’ospedale Santo Spirito di Roma, a causa di un infarto. Genio nel tradurre in opere d’arte le proprie emozioni al punto che sono ancora percettibili e travolgenti. Persino nella sua passione, il ciclismo, dà il massimo della sua creatività disegnando per due volte la maglia rosa del Giro d’Italia. Oggi il giovane gallerista trentaduenne Luca Cinquetti, dedica forze e attenzione a Schifano, un uomo icona del Bel paese, attuale nel raccontare le contrazioni della società ed eccezionale interprete del passato che si ripete.

Un nuovo progetto dopo un precedente percorso, come e perché nasce questa realtà?

«Nasce come naturale evoluzione di quelli che sono stati due anni molto positivi nel precedente spazio espositivo. Uno sforzo per offrire a collezionisti e appassionati una location migliore e di maggior prestigio, restando nel centro storico di Verona».

Perché Mario Schifano?

«Mario Schifano perché è in assoluto uno dei maestri del ‘900 più poliedrici e innovatori. Un gigante che ha sperimentato e precorso tempi e idee, un artista imprescindibile dal punto di vista collezionistico, anche in prospettiva di un investimento».

Quali e come hai selezionato gli artisti e le opere di Arena studio d’arte?

«Opere e artisti vengono selezionati in un giusto mix tra artisti storici e nuove proposte. Tele, sculture, anche fotografie, dal ‘900 italiano ed internazionale, al contemporaneo, con un denominatore comune: la qualità dei lavori».

Ormai parlare di crisi è diventato ripetitivo ma in effetti questo momento storico non aiuta i nuovi progetti, la città scaligera in questo periodo ha visto la chiusura di Fama gallery, una location di tutto rispetto. Come affronti questo momento?

«La chiusura di Fama gallery è stato un evento fragoroso, un segnale non positivo per Verona. In questo particolare momento conta ancor di più la validità delle proposte della galleria, la fidelizzazione dei veri collezionisti e anche, senza retorica, l’accontentarsi del minimo indispensabile per proporre prezzi appetibili».

Verona difficilmente è propensa al nuovo, vive spesso in un piccolo mondo ancora troppo provinciale, lasciandosi sfuggire talvolta grandi opportunità e fette di mercato non indifferenti come quello dell’arte, appunto. Cosa credi che non aiuti la città per un vero salto verso il cambiamento e cosa invece è necessario?

«Verona e i veronesi sono spesso visti come conservatori e poco propensi alle novità. Se ciò nasconde indubbiamente una parte di verità, è altrettanto vero che ci sono molte persone curiose e interessate al nuovo, in questo senso è fondamentale l’aspetto “culturale” delle gallerie private ed è ora più che mai necessario uno sforzo maggiore delle istituzioni pubbliche verso l’arte moderna e contemporanea».

Com’è il tuo rapporto con i nuovi artisti, con il mondo del contemporaneo che non ha un importante curriculum alle spalle?

«Ho un rapporto diretto e continuo con pochi artisti giovani, così da poter dare loro tempo e spazio. Ciò che dev’essere imprescindibile per una collaborazione è un percorso formativo di rilievo e la serietà nel lavoro. La vocazione per l’arte prima che il fine del lucro».

In Italia ci sono molte, forse troppe fiere dedicate all’arte, cosa ne pensi?

«Decisamente troppe. Una a settimana, spesso a distanza di pochi chilometri l’una dall’altra. Sarebbe necessario un drastico taglio, con un deciso aumento della selezione dedicate alle gallerie e conseguente aumento della qualità delle fiere».

Giovane e già con un bambino. Immagino che ora il tuo sistema-vita si un altro, hai fatto dei progetti per il suo futuro? In quale mondo vorresti che vivesse?

«Leonardo è arrivato da due mesi e questa grandissima gioia mi ha fatto ovviamente pensare al suo futuro. Immagino lui tra qualche anno, in galleria a fare disegni da appendere, come io facevo da piccolo nella galleria di mio padre Alberto. Più che al mondo in cui vorrei che vivesse, penso a dargli tutto il supporto di cui avrà bisogno, cercando di non fargli mancare nulla, trasmettendogli valori affinché diventi un giorno un uomo con la u maiuscola».

Fino al 29 maggio, Arena studio d’arte, via Oberdan 11, Verona.

 

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