Sergio Ceccotti, Tram 19

Numerosi gli artisti che dalla nascita delle città si sono cimentati con il paesaggio urbano: la mostra Capolinea 19 in corso alla Stellina arte contemporanea unisce un nostrano maestro della pittura, Sergio Ceccotti, a un nostrano maestro della scrittura, Edoardo Albinati. Entrando in galleria si possono seguire, dal lato sinistro al lato destro dello spazio, grazie al collegamento visivo di una linea tracciata sulle pareti, varie tappe del tram 19 che attraversa vari quartieri della città di Roma. La particolarità è che accanto ai dipinti di Ceccotti, ispirati ad alcune fermate che compie il tram, è presente una pagina del libro 19 di Albinati ispirato allo stesso tram, pagina che parla della stessa fermata del dipinto, con evidenziate le parole più appropriate. La gallerista, Rossella Alessandrucci, e la curatrice, Stella Bottai, hanno dato vita a questa formula espositiva curando tutto nei particolari. A parte le fermate, che sono segnate da un cerchio disegnato sul muro con il nome relativo, le luci che illuminano i quadri sembrano quelle di una stazione ferroviaria, ed è stata posta sotto le opere una panchina realizzata con legno e bidoni. Proiettato per terra il video del percorso che ancora oggi fa il 19, con l’audio dei rumori di strada e, all’inizio, la voce di Albinati che narra l’incipit del libro. Il testo dello scrittore calza perfettamente lo spirito dell’esposizione perché nasce dalla sua diretta esperienza su quel mezzo di locomozione, che attraversa quartieri diversissimi fra loro, ad esempio i Parioli e il Pigneto, dove gente molto differente diventa compagna di viaggio e dove le architetture cambiano in maniera consistente. Ceccotti nelle sue opere viene attratto dai tram per la sua capacità di immaginare le persone che vi sono sopra, oltre al fascino per la città. Inoltre la mostra è un omaggio al Pigneto, dove passa il 19, il 28 aprile si chiuderà l’esposizione con il décrochage accompagnato dalla performance musicale Tram sax di Eugenio Colombo, sassofonista e compositore italiano. Da molti anni Ceccotti indaga i mezzi di trasporto in relazione al paesaggio urbano e alla gente che vi gravita intorno, da qui nasce un collegamento con Albinati avvenuto molto tempo prima di Capolinea 19, conversazione con Sergio Ceccotti:

Com’è nata l’idea di seguire il percorso del tram 19?

«L’idea è nata ad Edoardo Albinati che ha scritto un libro, 19, tanti anni fa, sulle sue esperienze sul tram. Molto prima di questa mostra, avevo fatto vari quadri sui tram e uno in particolare sul 19. Da qui si è originata una piccola corrispondenza fra me e Albinati anche se in quell’occasione non l’ho conosciuto, ci siamo solo scritti. È passato del tempo e Rossella Alessandrucci, gallerista della Stellina, ha letto il libro di Albinati e lo ha collegato con i miei quadri senza sapere che c’era stato questo scambio di corrispondenza, così si è dato il via alla mostra. Perché il 19? Perché il 19 passa vicino a casa mia, a viale Regina Margherita, lo vedo sempre, lo prendo quando è necessario. In genere il tram, e in particolare il 19, esercitano su di me una grande suggestione perché, specialmente di sera, si vedono questi convogli con dentro questa luce verdastra, con delle persone all’interno, e tutto questo nel buio o nella penombra della città. Penso: chi saranno queste persone? E che faranno? Che diranno? Che storie portano con sé? Non metto tutto ciò nel quadro, perché sarebbe impossibile, però la suggestione che mi dà l’osservare e il pensare a questo spettacolo fa sì che il quadro diventi interessante».

Quali fermate ha ritratto e perché?

«Ad esempio le fermate di viale Regina Margherita, di viale delle Milizie, di piazza Ungheria, e altri punti più o meno, ma non sempre, identificabili. Queste tappe non significano qualcosa per me, mi stimolano lo spettacolo del tram che passa nella città, la suggestione di questo convoglio che va in mezzo alle case, in mezzo agli alberi».

Lei ritrae sia paesaggi urbani senza figure sia paesaggi urbani con le figure da cosa dipende?

«Dipende dalla mia ispirazione del momento, non c’è una particolare differenza anche perché il tram è pieno di umanità e quindi anche se nel quadro non si individuano nettamente le figure si sa che il tram non è un fantasma ma un convoglio vettore di persone. Che ci sia qualcuno per la strada o che non ci sia, dipende unicamente da fattori imponderabili dell’ispirazione e da fattori pittorici come la composizione; per esempio dipingere qualcuno in primo piano mi serve per fare composizione, però alla fine questo qualcuno è sempre un essere umano e quindi suscita in chi guarda il quadro degli interrogativi, un interesse in più».

E riguardo alla luce?

«Io sono un pittore della luce: non faccio figure o raffigurazioni piatte, tutto è modellato dalla luce anche dalla luce delle varie ore del giorno, della sera e della notte, per me è essenziale».

Si ispira ai film noir degli anni ’40 e ’50 in che modo?

«Lo dicono di me e qualche volta l’ho detto anche io. Quel tipo di film mi insegna qualcosa per quanto riguarda l’inquadratura, la composizione, e anche un certo senso di mistero e di sospensione che trasfondo nella pittura».

La sua caratteristica è di coniugare un tipo di pittura molto precisa con la favola, da cosa nasce questa unione?

«Sono un pittore preciso perché nelle mie mani il vago e l’indefinito non funzionano. Perché i miei quadri possano avere un senso e una funzione ogni cosa deve essere raffigurata con precisione anche quando tendo alla sintesi. La precisione non è in contrasto con quella che lei chiama la favola perché per dare consistenza alle fantasie, alle favole, al romanzo, bisogna che gli oggetti siano precisi».

Come si coniuga la sua opera con l’enigmistica?

«Non sono un enigmista nel senso che raramente risolvo parole crociate o rebus, però sono stato e sono tutt’ora suggestionato dai rebus della settimana enigmistica per il loro disegno: il tratto non è contemporaneo, ricorda gli anni ’50, ha una grande precisione e allo stesso tempo un senso atmosferico perché si vedono le distanze, le lontananze; poi ha delle incongruità logiche per cui in un interno ci può essere, ad esempio, un re con lo scettro che calpesta un serpente. Questa specie di surrealismo involontario mi attrae e ne ho preso esempio per dare a certe atmosfere dei miei quadri una dimensione in più».

Perché ritrae principalmente Roma e Parigi?

«Vivo a Roma e vado sempre a Parigi. Ho dipinto anche Venezia perché per anni ci andavo periodicamente e Buenos Aires dove sono stato tre settimane: è la realtà che mi si impone, seguo la realtà».

Ha collaborato con Albinati?

«Sono le nostre opere che hanno collaborato, i miei quadri accompagnati dalle sue parole funzionano perfettamente, hanno provveduto a metterli insieme la gallerista, Rossella Alessandrucci e la curatrice, Stella Bottai».

Fino al 28 aprile, Stellina arte contemporanea, via Braccio da Montone 93, Roma; info: www.lastellinaartecontemporanea.com 

 

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