Alla galleria Russo 30 opere site-specific indagano le possibilità interpretative delle parole decostruendone la loro stessa architettura. Le parole del tempo, il titolo della mostra curata da Lorenzo Canova, cattura l’attenzione sulla ricerca artistica di Enrico Benetta. Tele, sculture e installazioni dove la parola viene ricostruita, rigenerata attraverso l’acqua, il colore e la luce per una poetica sempre più orientata verso una commistione a 360 gradi delle arti. La passione per la scrittura si traduce nella scelta del carattere tipografico Bodoni, cifra stilistica distintiva dell’artista, piegata in queste opere alla pittura, all’acciaio cor-tèn e all’acciaio mirror. Alla scabrosità e alla durezza della materia arrugginita si contrappone la vividezza delle tonalità. Il risultato è un linguaggio condiviso tra parola e immagine nato dalla rielaborazione dei linguaggi delle avanguardie storiche e delle neovanguardie del Novecento. Come scrive Canova, il lavoro di Benetta «ci pone di fronte a una dualità: potrebbe alludere al decadimento del linguaggio, alla sua usura, alla fine della parola come base della conoscenza e come fondamento della visione e della struttura del mondo; oppure potrebbe rappresentare un ritorno, un nuovo inizio dove la parola riprende densità, peso e struttura in una rinnovata possibilità di costruzione del reale».
Le parole perdono la loro leggibilità per diventare nei suoi lavori singole lettere che fisicamente si allungano all’esterno, quasi a volersi staccare dal supporto che le imprigiona in determinati sequenze, e aprirsi a nuove combinazioni in virtù di una visione salvifica della società. «Nella mia ricerca l’importanza della parola è sottolineata dalla consistenza fisica che le dò – ci spiega Benetta – la estraggo dalla tela per renderla tangibile, visibile perchè credo che ognuno di noi dentro di sè abbia delle parole rilevanti nella sua vita che in qualche modo ha sentito, gli sono state tramandate, ha letto, parole che possono cambiare la vita». Nei suoi lavori non compare una parola data ma l’intero alfabeto, talvolta interrotto dalla presenza di numeri (la ratio che doma i sentimenti) il 3, 5 e soprattutto il 7, numero magico e alchemico, che sono anche i portafortuna dell’artista, «Tra la a e la z intravedo uno spazio infinito in cui tutto si può scrivere, tutto si può creare e costruire partendo solo da 24 elementi». Uno spazio che In-tempo, opera che riflette sul tema della clessidra, si trasforma in vuoto tra lettere e numeri dove risiede «la magia del tempo che si ferma quando lo dico io». Per Benetta gli schemi e le regole non sono privazioni, ma vere sfide che invitano alla trasgressione «il carattere bodoniano costruito secondo i quattro canoni classici di eleganza, bellezza, raffinatezza e grazia, permette di esplorare una possibilità infinita di interpretazioni grazie al gesto artistico che è assolutamente libero – prosegue Benetta paragonando il carattere tipografico alla società contemporanea – le lettere sono singole entità finchè stanno da sole ma nel momento in cui si uniscono come la società formano le coppie, la famiglia quindi interagiscono tra loro dando vita a nuovi capitoli di storia».
Fino al 3 maggio, galleria Russo, via Alibert 20, Roma; info: www.galleriarusso.com