6Artista, i vincitori al Macro

All’interno della Project Room 2 del Macro di Roma, inaugura la mostra di Davide Stucchi e di Helena Hladilová, i due artisti vincitori delle quarta edizione del premio 6Artista, programma di residenze promosso dall’associazione Civita e dalla Fondazione Pastificio Cerere. I due lavori esposti, realizzati appositamente per l’evento, sono il frutto di una residenza, lunga nove mesi, trascorsa tra la storica sede del Pastificio Cerere di Roma e la Cité Internationale des Arts di Parigi.

Helena Hladilová espone Capping, una grande installazione geometrica composta da tredici pannelli di legno uniti a formare una sorta di muro, poi interamente ricoperto di plastilina, con il quale il pubblico è invitato a interagire plasmandone la grande superficie informe. Al termine della mostra i tredici pannelli verranno nuovamente divisi ed esposti singolarmente come fossero dei quadri. L’ispirazione per questo lavoro giunge all’artista dall’incontro con l’universo dei graffiti presenti sui muri delle città di Roma e di Parigi, i quali, nella loro sovrapposizione di segni, si fanno dispositivi adatti a registrare un infinito insieme di tracce della vita urbana; allo stesso modo la plastilina ha la funzione di conservare una memoria fisica del passaggio e della presenza del pubblico all’interno del museo. Uno dei motivi di maggiore interesse del lavoro di Helena Hladilová risiede proprio nella possibilità offerta, grazie alla sua qualità di spazio potenziale della rappresentazione, di osservare i segni prodotti su di esso dall’azione performativa dei visitatori. Il tipo di relazionalità che a essi viene richiesta dall’artista è quanto di più istintivo, primordiale e ludico possa immaginarsi, ovvero la semplice impressione dell’impronta della propria mano su di una superficie immacolata; sempre all’ordine del primitivo e dell’ancestrale appartengono le numerose figure che i visitatori più creativi realizzano nel tempo della loro permanenza nel museo. Tra le molte, visibili già a poche ore dall’inaugurazione della mostra, ci sono volti umani, figure animali, elementi fallici, scritte, tutti segni e forme che appartengono tanto al mondo dei graffiti urbani quanto a quello più antico delle pitture rupestri.

Più ermetico, ma sempre rivolto a mettere in campo la questione dell’opera nel suo farsi temporale, è il lavoro esposto dal giovanissimo Davide Stucchi. Oggetti traditi è una raccolta di «residui di performance realizzate nel corso di un anno, che tradiscono l’usuale modo di pensare l’opera con una specificità irreversibile». Gli oggetti qui esposti, piuttosto enigmatici se fruiti nella loro singolarità, hanno la funzione primaria di decostruite l’idea e la pratica per cui un oggetto prodotto artisticamente, trovata la sua forma e il suo statuto definitivo, non possa più essere soggetto a modifiche. L’artista preleva queste forme, guanti, bicchieri, piatti, spazzole, residui ormai inerti di una performance già avvenuta, e agisce su di essi trasformandoli in sculture-assemblaggi. Curiosamente il tipo di azione al quale gli oggetti vengono sottoposti consiste in un processo di deterioramento che ne causa una precoce usura e in alcuni casi la stessa rottura. Tali oggetti, alla fine di questo processo, vengono collocati su di un lungo plinto e disposti secondo accurati criteri cromatici e formali, rendendoli nuovamente adatti a essere sottoposti alla fruizione del pubblico.

Fino al 19 maggio; Macro, via Nizza 138, Roma; info: www.museomacro.org

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