Storia di un Matador

Quella del torero, soprattutto al di fuori dei confini spagnoli, è una figura molto discussa. Il tradizionale mondo delle corride si scontra, spesso, con chi ritiene l’uccisione di un toro una bieca pratica, barbara e incivile. Alla figura del matador (indiscutibilmente evocativa, comunque la si pensi) Pedro Almodovar ha dedicato un film, Matador appunto, ambientato in una Spagna divisa tra amore e morte. Stessa figura che ha ispirato la splendida biografia a fumetti (88 pagine a colori, 14.95 euro) pubblicata da Diábolo edizioni. Realizzata a quattro mani da Mamolo López Poy e Miguel Fernández, Matador – il cui sottotitolo è Un uomo, un secolo, una passione – è basata sulla storia, realmente accaduta, di Lorenzo Pascual “Monteño”, un uomo che combatté con tutte le forze, fin dall’infanzia, per coronare il suo sogno: diventare torero.

Nato nella Spagna rurale e arretrata dei primi decenni del Novecento, ha iniziato a fare il torero nel 1936, passando attraverso la barbarie della guerra civile, l’instaurarsi della dittatura franchista, la miseria materiale e culturale di un paese isolato, l’amara esperienza dell’emigrazione in Sudamerica («nel 1947, trasferitosi in Venezuela, ha debuttato in numerose arene. Nel 1948, rientrato in Spagna, ha calcato le arene di Zamora, Toro, Barcellona, Madrid, Melilla, Valladolid e altre. Il 1949, nuovamente in America latina, è stato l’anno del suo trionfo in Colombia»). Per lavorare al volume “Matador”, Mamolo López Poy e Miguel Fernández – rispettivamente classe 1968 e 1973, già autori di un’altra nota biografia a fumetti, I giorni dell’ira, incentrata sulla figura dell’ultimo bandolero spagnolo del Novecento, il galiziano Mamed Casanova – hanno svolto numerose ricerche e approfondimenti, facendo emergere come la passione per i tori (verso i quali ha sempre nutrito rispetto e ammirazione) e per l’universo delle corride, ha rappresentato per Lorenzo “Monteño” la tangibile opportunità del riscatto, dell’affermazione in anni tragici all’interno di una società rigida e classista. Nonostante i grandi successi e la gloria ottenuti nelle arene spagnole e dell’America latina («erano anni difficili, nei quali molti spagnoli intrapresero l’avventura americana alla ricerca di migliori opportunità»), “Monteño” – «che ha avuto tre figli e oggi risiede a Madrid, dove continua a passeggiare felicemente e dove gli amanti della corrida continuano a chiamarlo maestro» – rimarrà deluso e sfiduciato, costantemente in lotta con il proprio destino. Ciò nonostante, riprendono gli autori, oggi “Monteño” «non ha perso neanche un po’ della sua classe. Non ha mai perso la passione per la vita». Info: www.diaboloedizioni.it