Robert Mapplethorpe a Parigi

«Se fossi nato cento o duecento anni fa, avrei potuto fare lo scultore ma la fotografia è un mezzo molto veloce per vedere e per fare scultura». A parlare è Robert Mapplethorpe, uno tra i massimi esponenti dell’arte fotografica, noto per i suoi scultorei scatti in bianco e nero capaci di delineare i copri ritratti con la grandezza evocatrice di divinità greche. La sontuosità delle immagini del fotografo statunitense, nato nel 1946 e venuto a mancare nel 1989, è in mostra a Parigi da oggi e fino al 13 luglio: oltre 250 opere per dare un’esauriente panoramica sull’estetica del fotografo. Dalle polaroids dei primi anni Settanta ai ritratti di fine anni Ottanta di nudi scultorei, nature morte, pratiche sadomaso: Mapplethorpe vive e rivive attraverso i suoi studiati scatti l’epoca bella e tragica in cui si trova a vivere (la New York omosessuale degli anni Settanta), cogliendone gli aspetti più estremi per raffinarli attraverso le sue composizioni. «Spesso – dichiarava l’artista – l’arte contemporanea mi mette in crisi perché la trovo imperfetta per essere perfetta non è che debba essere giusta dal punto di vista anatomico. Un ritratto di Picasso è perfetto. Non c’è niente di contestabile. Nelle mie fotografie migliori non c’è niente di contestabile, così è. È quello che cerco di ottenere».

Mapplethorpe studia disegno al Pratt institute di Brooklyn: seguendo le orme di artisti come Joseph Cornell e Marcel Duchamp si relaziona a differenti materiali giungendo anche alla composizione di collage. Nel ’70 compra una polaroid e da quel momento include anche le sue fotografie nei collage. La sua prima esibizione di fotografie risale al 1973 e già nei suoi scatti più acerbi è possibile notare l’amore per i grandi maestri della fotografia e dell’arte in generale, in particolare per il dissacratore Man Ray, per la visione prospettica di Piero della Francesca e Michelangelo e per la sinuosità di Rodin. L’esposizione parigina dà anche risalto anche a due donne fondamentali nella carriera del fotografo: Patti Smith (è sua la celebre copertina dell’album Horses) e Lisa Lyon, la famosa culturista. La mostra, ospitata nelle eleganti sale del Grand Palais, si pone l’obiettivo di mostrare differenti aspetti della poetica del fotografo, svelando un sensibilità affine a uno scultore che modella i corpi dei suoi soggetti plasmandoli invece che con il marmo con la luce e le ombre.

Info: www.grandpalais.fr

 

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