Il collage erotico

Si potrebbe azzardare l’ipotesi che a partire dal collage sia stata tutta una strada in discesa verso la post-produzione. La logica dell’immagine estrapolata dal suo contesto originario e ricontestualizzata in uno nuovo, nutrita con nuova linfa vitale e in dialogo con altre, è stata esasperata nell’era del digitale, della riproducibilità tecnica, in cui il concetto di autenticità dell’opera d’arte è stato definitivamente messo in crisi. Nel 2004 Nicolas Bourriaud scriveva: «I concetti d’originalità (creare qualcosa dal nulla) svaniscono lentamente nel nuovo panorama culturale. Si parla piuttosto delle forme di conoscenza generate dall’apparizione della rete: in breve, come orientarsi nel caos culturale e come dedurne i nuovi modi di produzione». Gli artisti non hanno perso tempo e da sempre, guardandosi intorno, si sono lasciati ispirare da tutto ciò offrisse loro nuovi spunti creativi, appropriandosi un po’ qua un pò là di oggetti e immagini create da qualcun altro, che essi manipolavano e distorcevano fino a farle loro.

È questo il caso di Robert Heinecken, nato a Denver nel 1931 e morto nel 2006, che per tutta la sua vita ha trovato terreno fertile per la sperimentazione pluridisciplinare, mescolando cultura alta e cultura popolare, spalancando i confini all’installazione, al collage, alla litografia, senza per questo definirsi mai un fotografo nel senso tradizionale del termine. In particolare le riviste, i giornali sono stati per lui sempre oggetto di culto. Attraverso di esse ha iniziato ad appropriarsi di un’iconografia condivisa e familiare, giustapponendo tra loro le immagini di maggiore impatto. Da questa pratica, nascono gli assemblage che l’hanno reso celebre. Scovando nei giornali le notizie di cronaca più scottanti e le seducenti immagini a sfondo erotico, ha definito il suo stile attraverso un interesse spiccato per i soggetti femminili, alcuni più glamour, altri più sensuali. I suggestivi risultati delle sue interessanti combinazioni sono custoditi nei musei di tutto il mondo e, in particolare, attualmente si possono apprezzare al Moma, che dedica dal 15 marzo al 7 settembre una retrospettiva all’artista: Object Matter.

L’interesse di Heinecken verso la fotografia a sfondo sessuale non è casuale, ma cela la volontà di analizzare come l’industria dell’immagine si serva della seduzione figurativa per trasmettere un messaggio subliminale, ad esempio associando provocanti corpi e volti di donne a prodotti alimentari o come il mondo della moda possa arrivare a valicare il sottile confine tra il sexy e il pornografico. La sua diventa quindi un’analisi sociale dei mezzi linguistici della comunicazione, attraverso metodi di manipolazione dell’immagine, spesso casuale e ironica, invertendo i toni e l’esposizione delle fotografie originali e dandone un diverso ricollocamento d’insieme. La stessa analisi tra gli anni ’70 e ’80 era portata avanti in modo ancora più incisivo da alcune artiste che si servivano degli studi sul genere e sulla semiotica, come Jenny Holzer o Cindy Sherman, che si preoccupavano di rappresentare in modo critico come il corpo della donna sia interpretato dalla società. I puzzle di Heinecken contengono la riflessione critica dal punto di vista maschile, rimanendo, pur nella loro non-originalità, lavori estremamente creativi e attuali.

Dal 15 marzo al 7 settembre, Moma, 11 West 53 Street, New York; info: www.moma.org

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