Una religione del bello

Un’estetica della bellezza, dell’eleganza e della sensualità nelle opere di Lawrence Alma Tadema e dei pittori dell’Ottocento inglese presenti in collezione Pérez Simón. Dopo il musée Jacquemart-André di Parigi l’esposizione itinerante curata da Véronique Gerard-Powell, che comprende dipinti e disegni di Dante G. Rossetti, John W. Godward, Frederic Leighton, Edward J. Poynter, Edward Burne-Jones, John E. Millais, John W. Waterhouse, William C. Wontner e altri, ha fatto tappa a Roma nelle sale del Chiostro del Bramante e da qui proseguirà per Madrid ospite del museo Thyssen-Bornemisza. Personalità autonome benchè accomunate da un’unica espressione, da una ricerca ossessiva della forma, dell’esteriorità, dell’immagine visiva o significante. Un lessico originale astorico e atemporale che ignora non il passato ma lo storicismo, non la tradizione ma la progressione reale degli eventi in un melting pot di manifesta efficacia estetica. Dapprima tale operazione di creare l’arte per il gusto dell’arte – principio base dell’estetismo filosofico e letterario, che da Schlegel e Solger ai vari Pater e Ruskin, Swinburne Wilde e Huysmans fino a Nietzsche e D’Annunzio aveva permeato tutta la cultura del Decadentismo e Parnassianesimo – aveva fatto sostenitori tra la novella classe borghese che, nata sulla scia della Gran Bretagna divenuta massima potenza coloniale ed economica mondiale, collezionava le opere di questi pittori arredando i lussuosi palazzi ed eleggendo tale linguaggio rappresentativo della propria condizione sociale e culturale, in opposizione all’oscurantismo e al puritanesimo che dominava il regno della regina Vittoria. Ma ben presto il favore dei sostenitori si sarebbe tramutato in opposizione e feroce disprezzo nei confronti di quel movimento artistico, bollato come kitsch e decadente. Il tempo avrebbe poi spiegato sulle opere di Alma Tadema e compagni una coltre spessa e polverosa relegandole in categoria artistica di discutibile valore; fino alla riscoperta da parte di numerosi registi e sceneggiatori statunitensi tra i quali Cecil B. De Mille con I dieci comandamenti del 1956 e, più di recente nel 2000, Ridley Scott attraverso Il gladiatore.

All’opera dei talent scout hollywoodiani si è accostata poi quella più accorta e preziosa di estimatori e collezionisti come Juan Antonio Pérez Simón, abile uomo d’affari messicano di origine spagnola che dal 1970 ha coltivato una forte passione per l’arte radunando dipinti e sculture tra le quali, per l’appunto, un numero cospicuo di esponenti dell’estetismo vittoriano, presenti nella rassegna romana, e il noto compositore inglese lord Andrew Llloyd Webber. Ad essi va associata anche l’attività degli studi più recenti che hanno riabilitato questi pittori e la loro poetica estetizzante. Una pseudo-religione del bello con ambientazioni nella mitologia egizia o nell’epopea dell’antica Roma, in particolare nell’età pompeiana come nei dipinti di sir Alma Tadema; dalle saghe celtiche alle leggende inglesi, dalla civiltà medievale ai drammi di Shakespeare fino ai temi biblici e letterari tanto cari ai preraffaelliti di Rossetti, il fondatore, di Burne-Jones, del più giovane Everett Millais e del tardivo Waterhouse. E inoltre esercizi in puro stile accademico, in alcuni soggetti di Leighton e rappresentazioni apparentemente familiari che si trasfigurano in opere dal fascino ermetico.

Nella Londra vittoriana di metà Ottocento questi pittori, poi considerati gli iniziatori dell’Aesthetic movement di Wilde, di Huysmans e di D’Annunzio, ardirono sfidare le convenzioni ideando un linguaggio altro. Un universo popolato da affascinanti e inquietanti figure femminili. Muse ammaliatrici ed eroine dell’antichità classica, madri amabilissime e spose malvage, fanciulle incantatrici e streghe seducenti, angeli del focolare e demoni spietati, tutte le opere hanno come personaggio principale delle donne. Da Beauté classique di Godward con il profilo armonioso della giovane donna che si staglia sullo scenario rosato en pendant con il perfetto incarnato del volto valorizzato dalla mise classicheggiante al nudo rubensiano di Leighton in Grenaia, nymphe de la rivière Dargie che si ricopre pudicamente col bianco panno che le scorre indosso come le trasparenti acque della piccola cascatella retrostante. Dalla sfrontata ma raffinata esibizione delle nudità di Andromède di Poynter, regale pur nel supplizio che la incatena alla roccia e con l’incantevole brano del drappo verde smeraldo che sinuosamente le incornicia il corpo come in un arabesco, fino al pastello su carta del 1867 di Rossetti raffigurante la Venus Verticordia con un susseguirsi di toni biancastri, bruni e rossicci che conferiscono maggiore plasticità alla figura e ne risaltano l’espressione altera.

E ancora dallo splendido ritratto di Wontner datato al 1916, Valeria, eterea ed enigmatica nelle intonate cromie che ne delineano i tratti delicati, le vesti e il marmo rosa del Portogallo sullo sfondo ad A song of Springtime di Waterhouse del 1913, inno botticelliano alla giovinezza e al risveglio rigoglioso della natura. Per concludere con Les roses d’Héliogabale di Alma Tadema del 1888 che illustra un episodio ispirato alla vita di Eliogabalo, imperatore romano, narrato nella Historia Augusta: descritto come un incapace e un dissoluto egli aveva fatto piovere da un finto soffitto un’enorme quantità di petali di fiori, topos ricorrente nelle opere del pittore, sui suoi commensali facendoli morire soffocati. Allungato mollemente sul letto tricliniare sullo sfondo accanto alla madre Giulia Soemia Bassiana osserva con indifferenza la scena. L’ambientazione permeata da atmosfere languide e inerti conferma la passione del pittore per le citazioni antiche: dalla fanciulla-baccante che suona il flauto doppio in cui era maestro il sileno Marsia al gruppo scultoreo ispirato a Dioniso in compagnia di un satiro da un originale conservato nei musei Vaticani. Solo rimandi al passato, da Roma all’Egitto passando per la pittura veneziana, e un’attenzione maniacale per le forme morbide e sinuose e i colori brillanti senza alcun ammonimento etico e morale. E su tutto i fiori, centinaia e centinaia di petali di rose bianche, rosa e rosse che addolciscono e attenuano anche il più temibile dei tormenti.