Le reliquie delle utopie

Il Maxxi di Roma inaugura una mostra in omaggio all’artista americano Allan Sekula, scomparso da alcuni mesi. Il titolo dell’esposizione è insolito, in quanto è di per sé una domanda: Utopia for sale?, letteralmente, L’utopia è in vendita? Il concetto di fondo è complesso, quasi filosofico e verte sul tema della globalizzazione e, in generale, sulla circolazione non soltanto di merci e persone, ma anche di idee e di prodotti culturali ed economici.

L’esposizione, curata da Hou Hanru (direttore artistico del Maxxi) e Monia Trombetta, raccoglie opere video e installazioni oltre che disegni, fotografie di siti e paesaggi industriali dalle collezioni del Maxxi arte e del Maxxi architettura, che bene rappresentano la questione della modernità e del suo impatto globale. L’incarnazione materiale della globalizzazione nell’arte, nel design, nell’architettura e nell’urbanistica è rivisitata attraverso diverse attitudini, una delle quali è la riflessione delle influenze globali del modernismo, indagata dagli artisti attraverso spunti per il confronto critico e il dibattito sull’attuale realtà economica, sociale e culturale. I progetti sociali utopistici sono oggi, nella maniera più assoluta, lasciati da parte, mentre vengono presi in considerazione soltanto gli interessi della classe dominante. Questa realtà incide anche nell’ambito della produzione, rappresentazione e circolazione di quelli che sono definiti beni immateriali, di cui fanno parte anche la cultura e, in questo caso, l’architettura e l’arte contemporanea. L’egemonia finanziaria del capitalismo condiziona anche i valori spirituali del privato ma anche del pubblico, sostituendo l’utopia del bene sociale. Da qui la domanda: L’utopia è in vendita? che non è solo un titolo, ma un invito per tutti alla riflessione su una comune condizione contemporanea. Come ha affermato il Hanru: «Ai nostri giorni, l’idea originale e l’estetica di progetti idealistici di ricostruzione della società come la Cité Radieuse di Le Corbusier in Francia, o Corviale di Mario Fiorentino in Italia, sono stati svuotati, sul piano ideologico, etico e pratico mediante  la loro gentrificazione e mercificazione. Ciò che rimane sono le reliquie di quegli ideali e sperimentazioni, messi all’asta per i profitti di pochi».

La mostra ruota intorno al fotografo, filmaker, artista che, nella serie Fish Story indaga il ruolo chiave dell’Oceano come spazio della globalizzazione, stessa riflessione del film documentario The forgotten space, codiretto con Noël Burch. Un esempio della furia devastatrice dell’Occidente tuttavia sono gli scenari desolati dei siti industriali ed urbani documentati da artisti, come Bernd e Hilla Becher, o le numerose visioni urbane catturate da fotografi italiani come Gianni Berengo Gardin e Roberto Bossaglia ma anche i progetti architettonici di Pier Luigi Nervi, testimoniati in questa mostra.

Fino al 4 maggio 2014, Maxxi, Roma; Info: www.fondazionemaxxi.it